Voleva festeggiare la morte di quell’essere orrendo, la fine di quell’incubo, il ritorno alla vita. O forse aveva solo voglia di staccare per una notte. Avrebbe cenato con il dottor Gianola e la moglie in un ristorante stellato, ma poi si sarebbe data alla pazza gioia infilandosi una parrucca, che la rendeva sufficientemente irriconoscibile, e un vestito corto e scollato. La mise giusta per andare a ballare al Bobadilla, dove notoriamente abbondavano i bei manzi. Avrebbe bevuto un giusto numero di French 75: gin e champagne sono perfetti perché i ricordi diventino confusi. L’aveva imparato al liceo, studiando Montale. Ricordava una frase che più o meno sosteneva che il primo compito di una buona memoria è di saper dimenticare, concetto che lei e le sue compagne di baldorie avevano interpretato a modo loro.
*** Massimo CARLOTTO, 1956, scrittore, E verrà un altro inverno, Rizzoli, 2021
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