Crediamo di cavarcela con un aggettivo, per non affrontare il vero problema: che è un sostantivo. Parliamo di ‘sviluppo sostenibile’ per non parlare di ‘sostenibilità’.
Se le nostre azioni economiche avessero per obiettivo primario e assoluto la ‘sostenibilità’ forse saremmo ancora in tempo per garantire a noi e al pianeta la sopravvivenza ecologica che oggi è drammaticamente compromessa.
Ma per far questo dovremmo trasformare il nostro modello di vita: smontare la cultura che lo alimenta, ripulirci la mente consumistica, aprirci ad una visione più equilibrata, collaborativa e interdipendente, di noi e del mondo. Disinvestire e investire, riorientare professionalità e occupazione, accompagnare e formare verso nuovi settori e attività. Assumere stili di vita ben diversi dagli attuali.
Uno sforzo non immediato, ma globale e di lunga lena: che esige un impegno culturalmente ed economicamente rivoluzionario di tutti e di ciascuno. Accettabile solo se si prende consapevolezza, vera e profonda, che uno 'sviluppo infinito' non può essere 'sostenibile'. Perché non basta un aggettivo a 'contenere' un sostantivo se il sostantivo è sinonimo di suicidio.
Uno 'sviluppo senza fine 'si chiama 'cancro'. E non esiste un 'cancro sostenibile'.
O si elimina la causa del cancro (cellule che impazziscono moltiplicandosi all'infinito), o la sorte è segnata: è solo questione di tempo.
Non sarà, questo, un 'pensiero positivo': ottimistico, rassicurante e quindi alla moda. Ma proprio perciò potrebbe essere l'inizio di un 'pensare vero', dunque disturbante, e di un agire finalmente in opposizione all'attuale prassi.
Un atteggiamento e un comportamento salutari. E, soprattutto, salvifici.
*** Massimo Ferrario, L'illusione dello 'sviluppo sostenibile', per Mixtura
In Mixtura ark #Spilli di M. Ferrario qui
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