La pensione di vecchiaia è […] un povero surrogato di quel più alto tipo di società nella quale essa è inutile perché il vecchio possiede nella casa propria, nel podere ereditato o costrutto pezzo a pezzo, nel patrimonio formato col risparmio volontario, nell’affetto di una famiglia saldamente costruita il presidio sicuro contro l’impotenza della vecchiaia. La pensione di vecchiaia è il frutto fatale – e qui si adopera l’aggettivo sia nel senso di inevitabilità storica come in quello d’inferiorità morale – del tipo di società che a poco a poco si è venuto creando sotto i nostri occhi: di grandissime imprese dalle quali dipendono migliaia e decine di migliaia di impiegati e di operai, di città enormi, tentacolari, dove in caseggiati a molti piani si accumulano moltitudini di persone ignote le une alle altre, viventi di giorno in giorno col provento di salari, di lavoro, scissi dalla terra e dalla casa, senza altro appoggio nella vita fuor del libretto di risparmio, su cui sono scritte cifre, le quali non dicono nulla al cuore ed alla mente di chi pur ha rinunciato a consumare i beni rappresentati da quelle cifre. In questo tipo di società la pensione di vecchiaia è una sciagurata necessità, pallido surrogato di quel che in altri tipi di società sono il possesso della casa, dell’orto, del campo, la possibilità di vegliare, da vecchi, ai giochi dei figli dei propri figli ed ai lavori dei ragazzi, l’orgoglio di dare ancora una qualche opera ai lavori dell’orto e della casa, che non sia una prigione malinconica di due stanze in fondo ad un cortile nero e oscuro, ma sia aperta al sole e si apra su un po’ di terra propria. Il tipo di vita imposto dalla grande città contemporanea è davvero fatale? Non è possibile la ricostruzione, nei modi imposti dalla grande industria, di tipi diversi di vita? Ardue domande che qui basti aver posto, allo scopo di affermare che la pensione di vecchiaia è un surrogato di metodi moralmente più elevati immaginabili allo scopo di provvedere alla vecchiaia.
*** Luigi EINAUDI, 1874-1961, giornalista, economista, politico, 2^ presidente della Repubblica nel periodo 1948-1955, Lezioni di politica sociale, Einaudi, Torino, 1964 (redazione 1944, prima edizione 1949), in Maurizio Pallante, Ultima chiamata: cosa ci insegna la pandemia e quali prospettive può aprirci, Lindau, 2021
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