Leggo su giornali e social e vedo su talk show reazioni beatamente soddisfatte, in genere controllate, ma talvolta anche incontinenti, alla cacciata di Conte da presidente del Consiglio e alla chiamata di Draghi a presidente incaricato.
'Ma allora ha vinto Renzi', gongolano, più o meno esplicitamente, taluni conduttori e opinionisti.
Mi pare di poter evocare l'immagine, un po' trita ma sempre azzeccata, del dito e della luna.
Il dito, qui, è la vittoria (anzi, diciamolo pure: il trionfo) di Renzi. Un dato oggettivo.
La luna è la strage, altrettanto oggettiva, di politica e di politici cui questo campione in demolizioni ha dato il tradizionale suo contributo: determinante.
Un ‘capolavoro politico’, come lui ha chiamato la sua operazione, che ha prodotto macerie fumanti e ha alzato una nube di tossine che avveleneranno a lungo il clima.
Demolire è facile e veloce: non serve intelligenza. Basta un calcio e via. Oppure trasformarsi in nemici quando si occupa un ruolo di alleato, mitragliare con un no dopo l'altro la coalizione di appartenenza, esasperando le richieste e alzando ogni volta l'asticella delle condizioni per dire sì. A furia di ricattare si rompe qualunque tavolo. Salvo poi negare di aver voluto distruggere e appioppare agli altri la volontà di aver impedito ogni possibile accordo.
Ricostruire dalle rovine fumanti, invece, oltre a intelligenza e desiderio di procedere 'con' e non 'contro' gli altri, fuori da logiche di annientamento bellico, richiede un 'processo': di azioni e persone, coinvolte e partecipi, in un tempo che non è mai breve e che prevede la pazienza del tessere dentro una visione del futuro.
Ora, grazie a un 'capolavoro politico' che potrebbe finire anche nella pagine di un manuale di psichiatria, siamo giunti all'emergenza vera: ultimativa. E si chiede di essere salvati. Dimenticando che i salvatori, in genere, sono pericolosi. E che quando li crediamo tali, pure se dotati delle caratteristiche oggettive di eccellenza che gli fanno attribuire la S maiuscola, rischiano di non salvare nessuno. Neppure se stessi.
Non trovo altra parola che 'catastrofe' per definire il momento.
Anche e soprattutto perché lo stato drammatico in cui siamo precipitati favorisce l’appello miracoloso ad un Grande Commissario Tecnico: un ‘uomo della provvidenza’ cui è facile ‘affidarsi’. Con ‘fede’, appunto, più ancora che con ‘fiducia’.
E quando la 'pancia' prevale sulla 'testa' abbiamo i tempi che abbiamo: in Italia e non solo.
E' questa la morte della Politica.
Ed è la vittoria del sempiterno 'establishment': che non tollera intrusi e perpetua se stesso con la favola dell'amorevole perseguimento del bene generale e del ruolo neutrale dei tecnici nel gioco del potere. Come se la neutralità potesse esistere in politica. E non scegliesse, al pari di chi è legittimamente parziale, gli interessi: degli uni piuttosto che degli altri.
Ma un ceto dirigente da anni in progressivo degrado e oggi inadeguato come non mai (incompetente, ottuso, intellettualmente disonesto, traffichino, opportunista, solo dipendente dagli umori volatili degli elettori) non merita altro.
E noi, che un po' tolleriamo e un po' ce ne freghiamo, tesi al nostro dio particulare e orgogliosamente e qualunquisticamente distanti/dalla e ignoranti/della cosa pubblica, non siamo da meno.
Anche agli atei può capitare di pregare. Che la catastrofe abbia pietà: e nel suo cascarci addosso progressivo e avvolgente, almeno un po' si contraddica, rivelandosi meno catastrofica di quanto oggi appare.
*** Massimo Ferrario, Renzi e Draghi, il dito e la luna, per Mixtura
In Mixtura ark #Spilli di M. Ferrario qui
Sit nobis terra levis...
RispondiElimina