Arrivato negli States mi fu subito evidente come il sistema universitario fosse più umano ed efficiente rispetto alla insopportabile impersonalità delle università italiane: pochi baroni che insegnavano a masse di studenti sconosciuti, attorniati da piccole folle di petulanti e servili assistenti. Il cameratismo e l’amicizia che spesso nascono tra professori e studenti è una delle caratteristiche dell’insegnamento superiore degli Stati Uniti e una delle ragioni del suo indubbio successo. (...)
Nel 1955 tornai in Italia come lettore. La mia impressione negativa fu fortissima. Avevo scordato quanto profonde fossero le differenze fra il sistema di educazione universitario negli Stati Uniti e in Italia. Il sistema italiano era una struttura a tre caste, in cui i pochi, e per la maggior parte anziani professori, occupavano la casta superiore, immediatamente inferiore a Dio, mentre un gruppo consistente di speranzosi e servili assistenti rappresentava la seconda casta, lo strato intermedio, e gli studenti, dei quali nessuno si occupava, costituiscono la base della piramide. (...)
Il Rettore dell’Università di Roma mi definì, mentre ero già full professor, un “giovine promettente. "
[ In occasione di un convegno di economisti a Washington, il professor Corrado Gini (famosissimo statistico, inventore dell’indice di Gini sulla concentrazione del reddito e della ricchezza, ndr) – tirò fuori l’orologio dal taschino e chiese a Modigliani:]
"Senta, ieri mi si è rotto l’orologio, me lo potrebbe far accomodare, per cortesia, e poi me lo fa recapitare in albergo?”.
[ Modigliani rispose che la richiesta avrebbe dovuto farla al garzone della portineria dell’albergo.]
Così si saggiava di che pasta eri fatto. Quanto eri in grado di subire pur di accattivarti la benevolenza del capo. Questa è una delle origini profonde della crisi italiana. Perché una classe dirigente che è stata selezionata in base alla sua capacità di subire umiliazioni, di non avere amor proprio, è quella che non è in grado di guidare l’Italia.
Negli Stati Uniti professori e studenti hanno sempre ragionato insieme, mangiato insieme, vissuto negli stessi luoghi. Ricordo il silenzio assoluto degli studenti mentre facevo lezione a Roma. A un certo punto mi spazientii e dissi loro: “Ma insomma, non avete proprio niente da criticare delle cose che sto dicendo?”. Spesso dico ai miei studenti: “Fate domande, cercate di capire veramente le cose. Io non ho delle verità rivelate, pongo delle domande, ma non ho delle risposte certe; l’economia non è una scienza esatta.
*** Franco MODIGLIANI, 1918-2003, economista, premio Nobel per l'economia nel 1983, italiano naturalizzato statunitense, da Avventure di un economista, a cura di Paolo Peluffo, Laterza, 1999, citato da Beniamino Andrea Piccone, blog 'Faust e il Governatore', 26 settembre 2011, qui
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