giovedì 29 agosto 2019

#SPILLI / La svolta e la resa (Massimo Ferrario)

Il governo ancora non c'è, ma ci sono già abbondanti fatti e segnali per dire sin d'ora che della 'svolta' che tutti nel Pd ripetevano essere condizione necessaria per un'alleanza col M5s non c'è neppure l'ombra. 

Da Conte 1 a Conte 2 la differenza è un numero. 

E del resto, Di Maio, ieri, all'uscita dalle consultazioni al Quirinale, nella linea di quanto aveva già dichiarato anche il presidente dimissionario/incaricato Conte 1-2, ha tenuto a precisare che non rinnega nulla dei 14 mesi di lavoro trascorsi al governo con la Lega.

L'unica vera ‘svolta’ ora sarebbero le dimissioni del segretario del Pd che aveva giurato che solo con una 'svolta' lui e il Pd avrebbero acconsentito a fare un governo. 

Siamo nell'epoca in cui ogni politico, ad ogni secondo, per 'dimostrare' coerenza e senso di responsabilità, ripete che 'ci mette la faccia'. Abbiamo imparato che, proprio quando si dice, non si fa. E che, nel caso specifico della faccia, si mette quella che si ha al momento: tanto la scorta infinita consente di mettercene un'altra domani e nessuno ti chiede conto.

Ieri, alla Direzione del partito, tutto il Pd, unito e compatto, ha dato l'ok al segretario perché salisse al Colle manifestando disponibilità a costruire un'alleanza di governo con il M5S.
L'intera dirigenza, per rimarcare il suo entusiasmo, dopo avere indotto alla resa Zingaretti ed essersi essa stessa arresa, venendo meno all'impegno delle 'condizioni non negoziabili' solennemente elencate dal partito nel primo giro di consultazioni, si è lasciata andare ad una prolungata ‘standing ovation’. 

Alzandosi in piedi, ognuno ha lasciato la sedia. 
Ma ormai era rassicurato: risedendosi, l'avrebbe ritrovata ancora lì. 

*** Massimo Ferrario, La svolta e la resa, per Mixtura


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