La cronaca di questi giorni è piena di notizie sul faraonico testamento di Bernardo Caprotti. Evidentemente è molto diffusa la curiosità di sapere a quale degli eredi toccheranno azioni, ville, quadri e contanti.
Sorprende però che nessuna notizia sia trapelata su eventuali lasciti del fondatore di Esselunga a favore di finalità filantropiche. Ovviamente non possiamo sapere se tra le pieghe del testamento siano nascoste specifiche disposizioni in questo senso ed è giusto che la filantropia rimanga un aspetto su cui mantenere un velo di comprensibile riserbo.
Caprotti era un uomo ricchissimo, con un patrimonio stimato in circa 4 miliardi di euro, che adesso finiranno distribuiti tra pochissimi fortunati, tra cui la fedele ex segreteria.
Possibile che un uomo tanto geniale, capace di creare un impero che impiega 22 mila dipendenti, non abbia sentito il dovere di destinare una quota importante della sua ricchezza a favore dei bisognosi? E’ certamente vero, come dirà qualcuno, che dare lavoro a così tante persone rappresenta di per sé una dimostrazione concreta di impegno civico.
Tuttavia il salto di generazione della famiglia Caprotti offre lo spunto per ricordare come, in altri Paesi, uomini che costruiscono enormi ricchezze - come ad esempio Bill Gates, Warren Buffet e Mark Zuckerberg – abbiano destinato gran parte del proprio patrimonio ad aiutare il prossimo, costituendo fondazioni personali o contribuendo queste enormi risorse ad istituzioni filantropiche già esistenti. E colpisce ancora di più che lo abbiano fatto quando essi sono ancora in vita, proprio per godere delle ricadute della propria generosità sul prossimo.
Da noi questo in genere non accade. (...)
*** Enrico ALBANESE, presidente di L'Altra napoli Onlus, Testamento Caprotti: neppure un euro per opere sociali, 'la Repubblica- Napoli', 8 ottobre 2016
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