giovedì 1 settembre 2016

#QUARTAdiCOPERTINA / "Senza perdere la tenerezza. Vita e morte di Ernesto Che Guevara", di Paco Ignacio Taibo II

Paco Ignacio TAIBO II, "Senza perdere la tenerezza.
Vita e morte di Ernesto Che Guevara"
traduzione di Gloria Cecchini, Gina Maneri, Sandro Ossola
2011, Il Saggiatore, 2012
pagine 1.052, € 25,00, ebook 10,99

Testo di presentazione dell'Editore - Citazioni scelte da Mixtura

Questa è la biografìa più riuscita e più letta del guerrigliero e dell'uomo che fu Ernesto Che Guevara. 
Una vita che è già leggenda, dalla giovinezza nomade e ribelle alla rivoluzione castrista, dal periodo di governo a Cuba alla tragica fine sui monti della Bolivia. 
Paco Taibo, con il suo talento di romanziere, riesce a farne una storia palpitante che si svolge davanti ai nostri occhi, tenendone vivo il carattere di "provocazione che viene dal passato" e di simbolo di una rivoluzione latinoamericana che continua a essere necessaria. In equilibrio tra lucidità e passione, svela del Che le mille sfumature, la tenacia, l'idealismo, le idiosincrasie, gli attacchi d'asma, le letture preferite, gli innamoramenti non solo intellettuali.


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"Si è molto sviluppato in me il senso del collettivo in contrapposizione al privato, sono sempre il solitario che ero, alla ricerca della mia strada senza l’aiuto di nessuno, ma adesso ho il senso del mio dovere storico. Non ho casa, né moglie, né figli, né genitori, né fratelli, i miei amici sono tali finché la pensano politicamente come me, e tuttavia sono felice, sento la presenza di qualcosa nella mia vita, non solo una grande forza interiore, che ho sempre sentito, ma anche una capacità di trasmetterla agli altri, e il fatalismo della mia missione mi toglie ogni timore. Non so perché scrivo questo, forse è semplice nostalgia di Aleida. Prendila per quello che è: una lettera scritta in una notte di temporale nei cieli dell’India, lontano dalla mia patria e dalle persone che amo". (Che Guevara, dai suoi diari, in Paco Ignacio Taibo II, Senza perdere la tenerezza. Vita e morte di Ernesto Che Guevara, Il Saggiatore, 2012)

"Trasformarsi in un informatore costante; non un informatore sulle possibili cospirazioni, abbiamo un intero popolo che vigila e che ci aiuterà, ma un osservatore della reazione popolare alle misure prese da un ministro o dal governo in generale, per sapere persino che cosa si pensa (…). E non per schedare qualcuno, non per punirlo per aver espresso un’opinione: tutto il contrario, per analizzare quell’opinione, per vedere quanto di vero ci sia in quell’opinione sulle nostre azioni e che cosa pensa il popolo di quelle azioni. Il popolo non sbaglia mai, siamo noi che sbagliamo, che dobbiamo rettificare." (Che Guevara, dai suoi diari, in Paco Ignacio Taibo II, Senza perdere la tenerezza. Vita e morte di Ernesto Che Guevara, Il Saggiatore, 2012)

Il 13 marzo viene decretato un nuovo razionamento di carne, latte, scarpe e dentifricio. Oltuski racconta: «Una volta qualcuno criticò la scarsità di cibo, e lui disse che non era vero, che a casa sua si mangiava in modo adeguato. “Forse ti danno una quota aggiuntiva” dissi un po’ per scherzo e un po’ sul serio. 
«Il Che si accigliò, si avvicinò al telefono che stava su un tavolino a tre metri dalla scrivania dell’ufficio e chiamò casa sua. 
«Il giorno dopo ci chiama per dirci: “Era vero, fino a ieri ricevevamo una quota aggiuntiva”. 
«E informò il suo segretario Manresa: “A partire da ora in casa mia si mangia con la tessera (di razionamento)”». 
E fece di più: non solo a casa sua si sarebbe mangiato con la libreta, ma anche al ministero. Manresa racconta: «Mi disse di parlare con Manuel Luzardo, ministro del Commercio interno, per sapere che cosa si mangiava nei locali pubblici, che cosa mangiava la popolazione, in modo che esattamente quello gli venisse dato al ministero. Per me era un cazzo di problema. Quell’uomo lavorava venti ore al giorno, aveva l’asma, non poteva mangiare uova e non poteva mangiare pesce per via dell’allergia. A volte lo ingannavo per migliorare la sua dieta. A lui piaceva molto la frutta, il brodo di pollo e la carne di manzo, da buon argentino. Per questo ogni tanto gli inventavo una grigliata, e dovevo anche inventarmi una storia. Gli raccontavo che dei compagni latinoamericani volevano fare qualcosa e organizzavo una grigliata sul tetto del ministero dell’Industria». 
Dato che quello dell’alimentazione era uno dei settori più colpiti dalle ristrettezze di cui l’economia cubana cominciava a risentire, il Che era incredibilmente rigido riguardo al cibo. Orlando Borrego ricorda che una volta, dopo che il Che aveva avuto un attacco di asma, il cuoco della mensa collettiva del ministero portò da casa un pezzo di carne e glielo servì, ma appena se ne rese conto il Che ordinò che gli portassero via il piatto e fece una sfuriata terribile. Rimproverato dai suoi più stretti collaboratori, che dicevano che il cuoco aveva portato la carne da casa sua, che era un gesto di stima e che doveva prendersi cura della sua salute, li liquidò con un "si inizia così e poi ci si abitua ai privilegi inaccessibili alla maggior parte delle persone, e si diventa viziati, insensibili ai bisogni degli altri". Gli aneddoti sulla sua battaglia contro qualsiasi privilegio in ambito “alimentare” sono centinaia. (Paco Ignacio Taibo II, Senza perdere la tenerezza. Vita e morte di Ernesto Che Guevara, Il Saggiatore, 2012)
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