da poco hanno steso lenzuola
qualcuno brandelli strizzati nel gelo.
Per strada hanno aperto i cancelli
il vigile urbano evapora grappa
due nomadi slavi all’uscita del bar.
Corrono tutti a quest’ora
Nico pulisce, saluta, rincuora chi passa,
il cappello, i guanti, le lenti appannate,
il coltivatore che scarica a terra il fresco raccolto:
le bucce, le arance, i ciuffi arruffati,
le casse, i finocchi, l’uva, la terra:
“Questa è speciale, la vuoi assaggiare?”
e l’acino è in mano, sfregato su un panno,
un soffio, poi in bocca.
A volte mi chiedo cosa lo renda così reale,
forse suo padre appeso in cornice
o i settant’anni di questo negozio
forse il quartiere, ma se varchi la soglia
e senti l’orda dei forti sapori
la terra, la frutta, le casse,
comprendi che lui è quella terra
le mani, la faccia, le rughe
solchi e sentieri…
*** Marco PELLICCIOLI, 1982, scrittore e poeta, Nico, da L’orfano, LietoColle, 2016, 'internopoesia', 14 luglio 2016, qui
Nessun commento:
Posta un commento