che non sia mia,
dove possa entrare e uscire dalle stanze
senza lasciar traccia,
senza mai preoccuparmi dell’idraulico,
del colore delle tende,
della cacofonia dei libri vicino al letto.
Una casa leggera da indossare,
in cui le stanze non siano intasate
delle conversazioni di ieri,
dove l’ego non si gonfia
a riempire gli interstizi.
Una casa come questo corpo,
così aliena quando provo a farne parte,
così ospitale
quando decido che sono solo in visita.
*** Arundhathi SUBRAMANIAM, 1967, danzatrice, giornalista, poetessa indiana, Casa, traduzione di Andrea Sirotti, da ‘sagarana’, n. 25, ottobre 2006, qui
HOME
Give me a home
that isn't mine,
where I can sleep in and out of the rooms
without a trace,
never worrying about the plumbing,
the colour of the curtains,
the cacophony of books by the bedside.
A home that I can wear lightly,
where the rooms aren't clogged
with yesterday's conversations,
where the self doesen't bloat
to fill in the crevices.
A home, like this body,
so alien when I try to belong,
so hospitable
when I decide I'm just visiting.
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