Ho abitato una casa di campagna, un grande pergolato
nel cortile, gelsomini odorosi a primavera
balconi variopinti nell’estate, il sole a picco
nell’ora del meriggio e un ricciolo di luna
posato sulla punta dell’abete nelle notti profonde
del riposo, con sogni rarefatti nel risveglio.
Ho abitato le piogge dell’autunno, giunte
nella sorpresa del piacere, e nell’inverno gli infiniti fiocchi
che danzavano la consolante melopea del cuore.
Ho abitato filari di viti e di pioppeti, raccolta
dietro i vetri a contemplare il volo dell’uccello che si leva
dall’intrico nascosto di ramaglie, ad ascoltare il trillo
che si perde nella nebbia sul fumigare della terra arata.
Ho abitato una piccola contrada persa nella campagna
di un paese con una Rocca al centro della piazza
e porte spalancate in una chiesa dove sostavo in mistica
penombra rigirando un rosario fra le mani.
Ho abitato sofferte lontananze dagli affetti più cari,
da sguardi vogliosi e innamorati
fissi sulle mie occhiaie nascoste dall’ombretto.
Ho abitato la fede e la cultura, la ricerca del bello,
delle cime…Ho abitato parole,
un incessante rincorrersi di immagini…
Giorni vissuti dentro mura austere mi hanno forgiato
l’anima e tutte le mie idee cristallizzate
si sono sciolte in ritmi di poesia.
Mi è stato dato un tempo da abitare
che ora si riduce al ritmo degli affanni.
Poi scenderà la pace. Abiterò il silenzio.
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