Antonio MANZINI, "7-7-2007"
Sellerio, 2016
pagine 369, € 14,00, ebook € 9,99
Un vicequestore sempre più umano
7-7-2007: titolo criptico e inusuale. Ma il mistero è presto sciolto: e ai lettori affezionati alle vicende seriali di Rocco Schiavone verrà finalmente svelato uno dei tasselli che finora mancava. Si tratta infatti della data di un'estate terribile in cui è rimasta uccisa Marina, la moglie del vicequestore: un giorno incancellabile, che ritornerà ossessivamente nei ricordi del poliziotto, alimenterà in lui un insopprimibile senso di colpa e si insinuerà di soppiatto nella sua psicologia quotidiana, già di per sé poco portata alla pace interiore, ogni volta che sarà chiamato a sbrogliare i tanti casi che gli capiterà di indagare dopo il trasferimento da Roma ad Aosta.
Il libro è l'occasione per riannodare i fili col passato e dare ordine ad altre tessere, finora accennate, ma di fatto lasciate in ombra, della biografia di Schiavone: le sue origini di ragazzino con un rapporto quanto meno disinvolto con la legalità; le amicizie delinquenziali di gioventù (ancora affettivamente intense e genuine come poche sanno essere); il suo comportamento trasgressivo, o addirittura decisamente fuorilegge, tenuto nel ruolo di vicequestore (uno stile di vita che tra l'altro gli ha consentito l'acquisto di un appartamento non certo abbordabile con lo stipendio fisso di funzionario dello Stato, accendendo prima dei sospetti in Marina e poi mettendo a dura prova la relazione con lei).
Il racconto è per buon parte la riesumazione di un caso, al solito drammatico, intricato e carico di tensione, dell'ultima fase romana di Schiavone.
Il poliziotto è chiamato dal questore e dal procuratore di Aosta, dove ormai è trasferito, a riavvolgere il film dei suoi ricordi, quando ancora operava a Roma, prima dell'allontanamento punitivo. E' giunto il momento in cui è costretto a dare conto delle sue azioni di quegli anni, anche perché il passato non pare essere del tutto archiviato e alcune vicende ancora in atto, e che lo perseguitano pure ad Aosta, sembrano avere le loro radici nell'estate del 2007.
Antonio Manzini è ormai autore supercollaudato: la sua abilità di scrittura è nota e comunemente apprezzata, così come sperimentata è la sua sapienza nel costruire storie che non perdono colpi e mantengono agganciato il lettore.
Eppure, forse, in quest'ultima sua prova, la capacità di unire forza drammatica e efficacia descrittiva a ironia e leggerezza, anche attraverso l'uso di dialoghi spigliati e mai scontati, ha raggiunto il massimo. Per non dire poi di alcune pagine, davvero particolarmente felici, in cui l'amore tra Rocco e Marina è trattato con una dolcezza che sembra sconfinare in poesia.
Insomma, chi ama i confini rassicuranti del genere poliziesco, ma è attirato da storie non insipide, ottimamente raccontate e, soprattutto, aventi come protagonista figure dall'indubbio e genuino spessore umano, ha trovato il libro che gli regala qualche ora di divertimento appetitoso e intelligente. E finisce facilmente per provare una istintiva e crescente simpatia per questo vicequestore che è un ossimoro vivente: burbero, scontroso, cinico, eppure dolce, amabile, di cuore; spregiudicatamente trasgressivo e al confine della (il)legalità, eppure appassionato e cocciuto cacciatore di fuorilegge.
*** Massimo Ferrario, per Mixtura
«
Voleva l’alba anche se sarebbe stata portatrice di caldo e caos. Ma almeno poteva andare in giro a lavorare senza rimuginare troppo su sua moglie. Provò a mettersi con la testa sul caso. Ma i pensieri migravano come uccelli. Un’ambulanza strillava lontana. Pensò a come le notti, man mano che gli anni passavano, diventassero sempre più lunghe. Quando andava al liceo non faceva in tempo a mettersi a letto che era già ora di alzarsi. E anche durante l’università o quando frequentava la scuola superiore di polizia. Se mai la sorte gli avesse concesso la pensione e la vecchiaia, se la immaginava un mondo perennemente abbracciato dal buio, come nel circolo polare artico quando in inverno il sole non riesce a carezzare il paesaggio neanche a mezzogiorno. (Antonio Manzini, "7-7-2007", Sellerio, 2016)
Le chiavi nella toppa della porta lo fecero voltare verso l’ingresso. Qualcuno era entrato in casa. Sentiva il suo passo. Era Inna. «Buongiorno, già svelio?».
«No. Di solito dormo in piedi in cucina facendo il caffè» le rispose. Inna poggiò le chiavi sul tavolo, la giacchetta di cotone sul divano e sfregandosi le mani entrò in cucina. «Signora? Sempre a Firenze?» chiese con un sorrisetto.
«No. Ora è a Catanzaro» disse Rocco. «Poi va a Abbiategrasso e infine a Salsomaggiore Terme. Vuoi una cartina precisa dei suoi spostamenti?».
Inna sorrise e aprì lo sgabuzzino. «Oggi faccio i vetri».
«E sticazzi». Premette il tasto rosso e tolse la tazzina da sotto la macchina.
«Lei sempre nervoso la mattina».
«Pure il pomeriggio. E la sera. E la notte. E ogni volta che qualcuno mi rompe le palle». Poggiò le labbra aspirando il profumo del caffè. «Lo vuoi anche tu Inna?».
L’ucraina lo guardò stupita.
«No grazie. Appena preso».
«Tanto non avevo la cialda». Lasciò la tazzina sul tavolo e fece per uscire.
«Oggi è giorno di paga, signore».
«Ah sì?».
«Ah no? Settimanale» fece la donna prendendo flaconi e stracci dall’armadio della cucina.
«Bene. Te la lascio sul comò all’ingresso. Mi devi dire quant’è».
«Lei non sa?».
«No. Lo sa mia moglie».
«La chiami e se lo faccia dire».
«Alle sette e mezza?».
«Perché? È troppo presto? Di solito signora Marina si svelia anche prima».
«Perché non me lo dici tu, Inna?».
«E lei si fida?».
«Certo. Sono un poliziotto. Se mi dai la fregatura ti faccio ritirare il permesso di soggiorno e ti rimando ammanettata sul Volga».
«Non vengo da Volga».
«Da dove vieni vieni».
«250 euro» disse Inna seria.
«Ottimo» rispose Rocco e lasciò finalmente la cucina. Se avesse potuto, Inna gli avrebbe spruzzato il Vetril in faccia. Non escluse che prima o poi l’avrebbe fatto. (Antonio Manzini, "7-7-2007", Sellerio, 2016)
«Ora ti do un consiglio. Se vuoi fare carriera qui dentro, meno ti fai vedere con me e meglio è. Cercherò anche di non lasciarti più Lupa, insomma ti prometto di avere a che fare con te solo per le questioni lavorative».
Caterina si rabbuiò. «Perché dici questo?».
«Perché ho gli occhi addosso della questura e della procura. Perché non sono uno stinco di santo, perché mi muovo male e perché mi contano anche i passi. Perché qui ad Aosta non ci sono venuto in vacanza premio, perché un po’ di cose su di me ormai le sai. Questo» e si indicò, «è il carro dei perdenti».
Il viceispettore tirò un sospiro. «Io non ti frequento perché penso di fare carriera. Io non voglio fare carriera, solo il mio lavoro. E se ti frequento è perché, piano piano, mese dopo mese, ho imparato a conoscerti. All’inizio ti detestavo, non lo nego».
«E poi cos’è successo?».
«Hai un cuore. Lo tieni nascosto, ma ce l’hai. Ecco, quando l’ho capito qualcosa è cambiato. Tu potrai sempre contare su di me. Che tu abbia gli occhi della procura addosso o meno, potrai sempre farlo. Ho detto più cose a te che alla mia migliore amica. Pensi che non conti nulla?» (Antonio Manzini, "7-7-2007", Sellerio, 2016)
«È la vita, Rocco. E devi continuare a viverla!».
Ecco. Era la sua voce. L’ho riconosciuta. L’hai sentita Lupa? Era lei. Era lei. Senti che aria che c’è. Senti che profumo. Sono fiori? Sono forti i fiori. Ogni anno risbucano come se niente fosse, come se non avessero preso schiaffi e gelo per mesi e mesi. No, li ritrovi lì, esattamente come l’anno prima e li ritroverai l’anno dopo. E quando se ne vanno lasciano per terra i petali colorati. Noi invece? Lo sai Lupa? Lo sai cosa lasciamo noi? Una matassa ingarbugliata di capelli bianchi da spazzare via da un appartamento vuoto.
Questo lasciamo. (Antonio Manzini, "7-7-2007", Sellerio, 2016)
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https://it.wikipedia.org/wiki/Antonio_Manzini
In Mixtura altre 2 mie recensioni a
* Antonio Manzini, "Sull'orlo del precipizio", Sellerio, 2015; e
* Antonio Manzini, "Era di maggio", Sellerio, 2015
qui
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