(dal web, via linkedin)
Un invito a non arrendersi. E a perseverare.
Condivisibile?
Sì, se il messaggio vuole incitarci a procedere per tentativi ed errori, ricordandoci che impegno e fatica sono condizione ineliminabile di ogni riuscita significativa e invitandoci a non farci demoralizzare dal primo tentativo non riuscito.
No, se trasformiamo l'invito in una prescrizione da prendere alla lettera.
C'è una soglia, concettualmente chiara a chiunque, oltre la quale la perseveranza diventa ostinazione. Testardaggine. Come nel detto che ammette l'errore, ma che richiama la dimensione diabolica se nell'errore si persiste.
Se ho sbattuto contro un muro e ci riprovo, senza mutare nulla nei miei comportamenti e nella direzione che ho scelto, andrò a risbattere. Ovviamente.
I feedback, se li sappiamo ascoltare, sono lì per questo. Insistere (e quindi di fatto ignorare il riscontro che ci arriva dalla nostra azione) non è segno di forza, energia, passione, tenacia. Ma di stupidità.
I muri si possono aggirare. O scalare.
E forse, qualche volta, muri a parte, il comportamento saggio prevede anche la resa.
L'accettazione del limite.
Perché non ogni limite è trasformabile in opportunità, come invece sembra credere un ripetuto ritornello manageriale che mima l'onnipotenza che piace.
Banale. Eppure.
*** Massimo Ferrario, per Mixtura
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