Piccolo Uomo era salito sulla Montagna Più Alta e finalmente era di fronte al Grande Vecchio della Terra.
«Ciao, Grande Vecchio» disse Piccolo Uomo. «E’ tanto che cammino e le mie gambe non mi reggono più. Ma il mio problema è enorme e solo tu mi puoi aiutare».
«Davvero?».
«Certo. Giù in città, tutti dicono che sono un bambino e che debbo imparare. Se faccio domande, si irritano: mi rispondono che un giorno capirò e che adesso non è il momento di sapere. Che quando sarò cresciuto, e finalmente sarò uomo, avrò tutte le risposte che cerco. Ma io voglio crescere adesso. E non voglio diventare un uomo. Voglio diventare come te».
«Come me?» domandò il Grande Vecchio.
«Sì, come te» rispose Piccolo Uomo.
«E come sarei io?» domandò il Grande Vecchio.
«Lo ripetono tutti, giù in città. Solo il Grande Vecchio della Terra sa cos’è la saggezza. E io voglio essere saggio. Proprio come te. Dimmi, Grande Vecchio: cos’è la saggezza?».
«Sei stanco» rispose il Grande Vecchio, accarezzando con affetto il capo di Piccolo Uomo. «Hai camminato tre giorni e tre notti, senza mai fermarti, e solo per giungere da me. E tutto questo per una domanda».
«Sicuro», confermò Piccolo Uomo, con decisione. «Se necessario, avrei camminato ancora tre giorni e tre notti. E poi ancora tre giorni e tre notti. Per avere una risposta alla mia domanda».
«Non ne dubito» sospirò il Grande Vecchio. «Me lo dicono i tuoi occhi, oltre che le tue parole. E se le parole possono tradire, gli occhi sono incapaci di mentire. Ma io non ti servo: perché tu la risposta ce l’hai già».
«Non capisco, Grande Vecchio. Io non ho la risposta: altrimenti, non sarei venuto fin quassù».
«Però hai la domanda».
«Infatti: la domanda che ti ho rivolto».
«Allora hai tutto, Piccolo Uomo».
«Cosa vuoi dire, Grande Vecchio? Forse sarà la stanchezza, ma ti confesso che continuo a non capire».
«E’ semplice, Piccolo Uomo. Io non ho risposte. Non le conosco e dunque non te le posso dare. Io sono vecchio e i vecchi, tutt’al più, possono azzardare dei consigli. E sempre con discrezione: quando qualcuno glieli chiede».
«Le mie orecchie attendono solo la tua voce, Grande Vecchio».
«Allora ricorda, Piccolo Uomo. Non c’è miglior risposta di una domanda».
«Una domanda?».
«Certo, Piccolo Uomo. Non è infatti una domanda che ti ha spinto a scalare le montagne e a giungere sin quassù? E per questa domanda, non eri disposto a camminare ancora per giorni e giorni?».
«Senz’altro, Grande Vecchio».
«Questo significa, Piccolo Uomo, che solo chi ha domande riesce a camminare. Chi ha risposte, invece, è arrivato. Ma forse è arrivato soltanto perché non è mai partito.
Tu mi hai chiesto, Piccolo Uomo, ed ecco quello che mi sento di dirti. Custodisci gelosa¬mente le tue domande. E vedi di averne sempre una buona scorta: sono il bene più prezio¬so di un essere umano. E diffida di chi ti vuol dare risposte: perché ti vuol solo fermare. Facendoti credere di essere arrivato, quando il viaggio è ancora in corso».
«Già, Grande Vecchio. Ma così, saprò mai cos’è la saggezza?».
«Non lo so, Piccolo Uomo. Forse, camminando, non saprai mai se avrai conquistato la saggezza. Ma forse, Piccolo Uomo, proprio qui sta la saggezza».
*** Massimo Ferrario, Piccolo Uomo, Grande Vecchio e la domanda, 1990, in Problem solving per un formatore, in AA.VV., C’era una volta... I manager raccontano, Edizioni Olivares, Milano, 1990. Anche in 'tiraccontounafavola.it', 12 settembre 2013, http://bit.ly/1dkNctN
Disegno di Alessandro Vannini |
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