"La storia dovrà registrare la più grande tragedia di questo periodo di transizione sociale non nelle parole al vetriolo e nelle azioni violente delle persone cattive, ma nel silenzio spaventoso e nell'indifferenza delle persone buone".
L'ingiustizia del silenzio: così la chiamava Martin Luther King.
Queste parole, pronunciate nel 1965 ad Atlanta, sono identiche a quelle scritte (a vuoto) da Edith Stein al Papa nel 1932 sul boicottaggio subìto dagli ebrei in Germania:
"Ma se la responsabilità in gran parte ricade su coloro che li hanno spinti a tale gesto, essa ricade anche su coloro che tacciono".
E sono validissime oggi.
"Tacere" non significa semplicemente non dire nulla. È in silenzio spaventoso anche chi, pur avendo visto il declino, non sa appassionare gli altri, chi replica vecchi slogan di apertura e parità e finge di non accorgersi della noia che provocano oggi le "vecchie" idee.
Tace chi non si prende la briga di tradurle in maniera nuova creando un nuovo immaginario, come invece hanno saputo fare in maniera eccellente le "persone cattive" a cui si riferiva Martin Luther King con le altre "vecchie" idee.
Tace chi si limita a dirsi indignato per gli atti incivili degli "altri" ma non sa più emozionare quel popolo che vorrebbe guidare.
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