Quando si ripete, a sé stessi ma anche agli altri, a discorotto, senza riflettere, il motto (frusto e stupido) per cui ‘volere è potere’, si tradisce una voglia di onnipotenza che spesso nasconde una sofferta impotenza. Rendendo più difficile, per sé e per gli altri, la conquista di quella sana potenza che dovrebbe essere aspirazione di ogni sana persona.
Il volere, per potere, non basta: ci vuole il potere.
E il potere non è solo nelle nostre mani.
Qualche volta, si, per avere potere, bisogna volere, ma volere il potere. Qualche altra volta, anche volendo il potere, non riusciamo ad averlo perché non è possibile: non dipende da noi. Almeno in quel momento. O forse, per ciò che vogliamo, pure per sempre.
Solo un dio vuole-e-può: un essere umano può-e-non-può. Dipende. E non solo da lui, ma dalle circostanze, dai rapporti di forza col contesto, da quanto incide il passato, dagli obiettivi che si vogliono ottenere. Eccetera eccetera.
Il volere da solo, capace di risolvere il problema del potere, è un sogno/mito. Autoconsolatorio.
Oppure un modo per colpevolizzare chi non ce la fa: a essere patologicamente onnipotente. Impedendogli così di acquisire il giusto sentimento di potenza che è condizione indispensabile, benché insufficiente, per essere potenti. Cioè avere il potere di fare ciò che si può, anche liberando le risorse nascoste che abbiamo in noi e che talvolta dimentichiamo di avere.
Solo un dio vuole-e-può: un essere umano può-e-non-può. Dipende. E non solo da lui, ma dalle circostanze, dai rapporti di forza col contesto, da quanto incide il passato, dagli obiettivi che si vogliono ottenere. Eccetera eccetera.
Il volere da solo, capace di risolvere il problema del potere, è un sogno/mito. Autoconsolatorio.
Oppure un modo per colpevolizzare chi non ce la fa: a essere patologicamente onnipotente. Impedendogli così di acquisire il giusto sentimento di potenza che è condizione indispensabile, benché insufficiente, per essere potenti. Cioè avere il potere di fare ciò che si può, anche liberando le risorse nascoste che abbiamo in noi e che talvolta dimentichiamo di avere.
E tutto ciò con buona pace dei troppi sedicenti coach: i quali ripetono a pappagallo, nelle aule, nei libri, nelle chat, slogan amerikani che, nella loro becera rozzezza, sono un insulto per l’essere umano.
Perché, con questo approccio catechistico-prescrittivo che non distingue e astrae, l'essere umano, quello vero e in carne ed ossa, unico e irripetibile, viene violentato nelle sue specificità singole: composte di fattori (come biografia, caratteristiche di personalità, motivazioni, possibilità intrinseche, condizionamenti individuali) tutti peculiari e propri di quella persona e non di un'altra.
Gli individui concreti sono ben più complessi di come vengono ridotti nei manualetti o nelle slide di chi pensa di pompare motivazione nelle convention all'urlo di 'volere è potere', accompagnando gli incitamenti con musica drogante e invitando il pubblico danzante a sognare futuri radiosi: chi si lascia abbindolare e si esalta al momento, credendosi vincente, dopo essersi rinserrato, felicemente allineato come pecora in un gregge, in una setta di (sedicenti) onnipotenti che si sorreggono l'un l'altro fin che dura l'effetto-dipendenza del doping subìto e reciprocamente alimentato, finisce poi, alla prova dura della realtà (l'unica che vince l'ubriacatura della hybris), isolato e depresso, scoprendosi/sentendosi inesorabilmente perdente.
Ed è allora il trionfo dell'impotenza: l'altra faccia, ovviamente, dell'onnipotenza.
L'ennesimo scacco ad una possibilità di potenza che invece dovrebbe esserci data.
Perché, con questo approccio catechistico-prescrittivo che non distingue e astrae, l'essere umano, quello vero e in carne ed ossa, unico e irripetibile, viene violentato nelle sue specificità singole: composte di fattori (come biografia, caratteristiche di personalità, motivazioni, possibilità intrinseche, condizionamenti individuali) tutti peculiari e propri di quella persona e non di un'altra.
Gli individui concreti sono ben più complessi di come vengono ridotti nei manualetti o nelle slide di chi pensa di pompare motivazione nelle convention all'urlo di 'volere è potere', accompagnando gli incitamenti con musica drogante e invitando il pubblico danzante a sognare futuri radiosi: chi si lascia abbindolare e si esalta al momento, credendosi vincente, dopo essersi rinserrato, felicemente allineato come pecora in un gregge, in una setta di (sedicenti) onnipotenti che si sorreggono l'un l'altro fin che dura l'effetto-dipendenza del doping subìto e reciprocamente alimentato, finisce poi, alla prova dura della realtà (l'unica che vince l'ubriacatura della hybris), isolato e depresso, scoprendosi/sentendosi inesorabilmente perdente.
Ed è allora il trionfo dell'impotenza: l'altra faccia, ovviamente, dell'onnipotenza.
L'ennesimo scacco ad una possibilità di potenza che invece dovrebbe esserci data.
*** Massimo FERRARIO, Il motto (stupido) del 'volere è potere', per Mixtura
Twitter, 15 febbraio 2012 e Mixtura, 11 marzo 2018
In Mixtura ark #Spilli qui
Nessun commento:
Posta un commento