Gli eurocritici e i cantori della sovranità non vogliono ricostruire un equilibrio distrutto dal capitale, dalle multinazionali, dalla tecnologia. Evocano semplicemente, senza mai offrire dettagli sul come, il quando e il cosa, un assetto diverso. Che, nel concreto, si traduce spesso nella promessa di fruire dei benefici della globalizzazione senza affrontarne gli impegni e i costi che comporta. Non sembra esserci alcun modo efficace di contrastare questa deriva. I tentativi maldestri delle istituzioni europee di spiegare le catastrofi cui la Gran Bretagna sarebbe andata incontro in caso di uscita dall’Unione hanno soltanto dato argomenti agli euroscettici indignati per questo «project fear», progetto paura. Se non si è abbastanza credibili da convincere qualcuno, è difficile che si riesca a spaventarlo. Non si vedono idee o forze, esclusa forse quella di inerzia, in grado di contrastare il crollo del nostro «mondo di ieri». Un tracollo che, con tutti i traumi che comporterà, è forse l’unica premessa per costruire nuove e più contemporanee risposte alla domanda di sicurezza.
*** Stefano FELTRI, giornalista e saggista, Populismo sovrano, Einaudi, 2018
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