Scuola e dignità sono fenomeni inscindibili. Ci vuole dignità, tanto per i professori quanto per gli alunni. Per spiegarmi meglio, ricorro a un racconto di Borges, La rosa di Paracelso (...).
Borges dunque racconta che, verso la fine della sua lunga vita, il vecchio Paracelso viveva solo in una casa sulla montagna. Il suo ultimo, grande desiderio era di incontrare finalmente un allievo intelligente a cui trasferire tutto il suo sapere. Un giorno sentì bussare alla porta, corse ad aprire e si trovò di fronte un giovane bellissimo, che gli disse: «Sono venuto da molto lontano perché conosco la tua fama. Tu sei un grande mago, un grande studioso e io, prima che tu muoia, spero di imparare tutto ciò che sai, compreso il segreto per tramutare gli oggetti in oro. In cambio, ti ho portato tutte le mie ricchezze e tutto il mio ardente desiderio di apprendere. Ma per dimostrarmi che vale la pena di essere tuo allievo, dovresti darmi una prova, anche minima, del tuo potere magico».
Paracelso si fece beffe di lui. Gli disse che il paradiso esiste, ed è questa terra in cui viviamo. Gli disse che esiste anche l’inferno, e consiste nel non accorgersi che stiamo vivendo in un paradiso. Al giovane che insisteva nel pretendere una prova soprannaturale, e che gli chiedeva quale fosse la meta del nostro viaggio terreno, rispose: «Ogni passo è la meta».
Ma il giovane insistette ancora nella sua richiesta di un prodigio e gliene suggerì uno apparentemente semplice. Prese una rosa da un vaso e la gettò nel fuoco del camino. «Se sei il mago che si dice, non ti costa nulla far sì che la rosa torni a rivivere!».
Paracelso insistette nel dirsi incapace di un simile miracolo; il giovane raccolse le monete che aveva posato sul tavolo e se ne andò. Solo allora Paracelso si chinò sul camino, raccolse le ceneri del fiore bruciato, vi soffiò sopra e rimise nel vaso la rosa riportata in vita.
Questa è la più bella metafora della dignità pedagogica, sia dell’allievo che del maestro: essere pronti a sacrificare anche le soddisfazioni e i vantaggi della formazione, pur di non perdere la propria dignità.
Così deve comportarsi la scuola con gli allievi: stipulare con loro, in modo informale ma fermo, un contratto pedagogico, rispettarlo sino alla fine e pretendere che venga rispettato. È questo il migliore antidoto contro gli eccessi del più sottile e del più potente dei poteri: quello dell’insegnamento.
*** Domenico DE MASI, sociologo del lavoro, in Frei Betto e Domenico De Masi, Non c’è progresso senza felicità. Un dialogo sui limiti e i vantaggi della globalizzazione, 2002, Rizzoli, Milano, 2004
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