lunedì 23 maggio 2016

#MOSQUITO / Identità, rischio razzismo (Tahar Ben Jelloun)

Spesso mi capita di dover rispondere alla domanda: lei è uno scrittore marocchino o francese? È una domanda poliziesca. La gente ti vuole classificare. Si sente forse a disagio di fronte a uno scrittore senza un’identità precisa? Il concetto di identità implica un rapporto con un altro. Uno psicoanalista mi ha spiegato poco tempo fa che il neonato già sviluppa l’angoscia dello straniero, poiché rifiuta l’odore di un’altra persona, sopportando solo quello del latte materno. Solo all’ottavo mese di vita s’instaura un rapporto non-familiare. Ciò significa che l’idea d’identità si forma molto presto e che ha senso solo in un contesto in cui vivono altre persone. Basta insegnare ai bambini che la loro identità non è immutabile, che il suo colore non è definitivo e che è suscettibile di assumere altri volti e altre apparenze. 
Non so se ai ragazzi delle scuole del Vecchio Continente viene insegnato che l’identità europea è in movimento. La prova, la ritroviamo nelle scuole stesse. E’ una constatazione oggettiva che ci libera da ogni angoscia: l’Europa di domani assomiglierà a una classe di una sua scuola nella misura in cui i figli di immigrati vi verranno accolti allo stesso titolo di quelli di genitori europei d’antico ceppo. Solo partendo da questa banalizzazione del reale, possiamo sperare di non avere problemi un domani. Per i responsabili è una questione di etica. Bisogna riconoscere la realtà e il suo divenire. L’identità europea avanza e si trasforma col movimento della storia. Condivido la definizione dell’etica formulata dal filosofo francese Emmanuel Levinas, per il quale essa comincia con l’oblio di sé; entrare nella sua sfera significa mettere l’altro in primo piano, preoccuparsene. (...) 
La vita è in continua evoluzione. Nulla è definitivo. Solo la morte, che irrigidisce e ferma tutto. L’irrigidimento dell’identità è stato voluto dai totalitarismi come il fascismo e, oggi, l’integralismo islamico. L’identità vagheggiata da Hitler era un’identità ‘isterizzata’, ‘pura’, ben sapendo che la purezza non esiste. Il razzismo è, infatti, un’identità ripiegata su se stessa al punto da diventare folle e negare qualsiasi apporto esteriore. Il razzismo è un’identità in preda a quest’idea di purezza che non ammette alcuna mescolanza. Ma questo è un sogno impossibile, che sconfina nella patologia e nella morte. 
L’identità europea è fortunatamente viva. Basta riconoscerlo e rallegrarsene. Bisogna imparare ad apprezzare i vantaggi di queste contaminazioni e a comprendere la ricchezza e i miglioramenti che apportano. La convivenza non è facile. Si deve imparare a vivere con gli altri e ad accettare il fatto che non siamo soli né lo saremo mai. Per questo è necessario che le regole e le leggi sui cui si fonda la società vengano rispettate. Occorre un ulteriore sforzo pedagogico per costruire l’identità europea in movimento che non sarà mai immobile come una statua in un parco in cui vanno a morire i disperati della vita. 

*** Tahar Ben JELLOUN, 1944, scrittore marocchino, Se non sei europeo sei straniero, ‘L’Espresso’, 3 gennaio 2008.


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1 commento:

  1. Non posso che condividere appieno!
    Su questo tema dell'identità, come qualcosa che diviene e non statico, mi paice segnalare questo bellissimo articolo di Gianluca Bocchi, che sottolinea come il conflitto sull'identità sia un conflitto fra due nozioni differenti d’identità che possiamo definire come statica e dinamica, come chiusa e come aperta.
    La prima narrazione ci dice che le identità derivano dalla notte dei tempi e sono esclusive, date dalla religione o dalla lingua, e quindi o si è partecipi di un’identità o non lo si è. La seconda visione ci dice che le identità sono aperte e in continua evoluzione.
    Bocchi ripercorre la storia europea dal 1492 ai nostri giorni in modo inedito e affascinate, raccontando per esempio che a Costantinopoli, che oggi noi pensiamo che sia una città turca, nel 1914 c’erano più Greci che Turchi ed era la più grande città greca al mondo, la più grande città turca al mondo, la più grande città bulgara al mondo, la più importante città armena al mondo, inoltre c’erano molti ebrei separatisti. A Salonicco c’erano Greci, Albanesi, Bulgari, Macedoni, Slavi, ma la maggioranza relativa parlava spagnolo, si trattava degli ebrei separatisti e ancora nel 1912 quando Salonicco è stata conquistata dalla Grecia era di lingua spagnola. Quindi cosa è successo? http://www.studioakoe.it/polemos/doc_paper/25.html .

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