La maggior parte dei problemi di un’organizzazione è dovuta ai “sistemi” e non alle persone.
Eppure è diffusa la tendenza a ricercare un colpevole tra gli attori organizzativi.
Questo modo di pensare è comodo, perché è facile puntare il dito verso una persona ed invitarlo a migliorarsi. Si tratta, però, di una soluzione a breve termine: il problema tornerà a manifestarsi in al-tre forme.
Molto spesso, invece, il comportamento delle persone è semplicemente una conseguenza di ciò che succede nel sistema ed un sintomo del problema.
Risalire all’origine del problema mette nelle condizioni di implementare efficacemente un cambia-mento e permette alle persone di lavorare meglio.
Il “pensiero sistemico” permette di affrontare, quindi, sia i problemi attuali, ma anche e soprattutto di prevenire quelli futuri.
Il pensiero sistemico porta a riflettere prima di agire, a pensare alle conseguenze che le azioni posso-no avere su se stessi, sui collaboratori, sui clienti. Per ogni azione intrapresa esistono, infatti, conseguenze immediate con risultati prevedibili, ma anche conseguenze a lungo termine.
Troppo spesso ci si ferma a pensare al “qui ed ora” e si perde la visione a lungo termine.
Se si impara ad usare il pensiero sistemico, si migliora il proprio e l’altrui modo di lavorare: si va dritti alla radice del problema, invece di affrontare semplicemente i sintomi. In particolare, si guarda al di sotto della crosta superficiale per scoprire le “strutture profonde che si nascondono dietro l’evento ed anche i dettagli” (°).
*** Franco AMICUCCI, formatore e consulente, docente di sociologia dei processi comunicativi alla facoltà di economia dell’università di Macerata, La formazione fa spettacolo. Percorsi di una nuova formazione manageriale, Il Sole 24 ore, Milano, 2005. – (°) Vedi: Peter Senge, statunitense, studioso di organizzazione, La quinta disciplina, 1990, Sperling & Kupfer, 1992.
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