Brevemente, tre punti sulla partita elettorale appena conclusa.
(1) - Referendum - Nessuna sorpresa: il Sì alla riduzione dei parlamentari (ora 400 per la Camera e 200 per il Senato) ha vinto con quasi il 70% dei voti, con un'affluenza di oltre il 50%. Essendo un referendum costituzionale, nessun quorum era previsto. Ma in questo caso, se ci fosse stato, sarebbe stato superato. E ciò, naturalmente, dà ulteriore legittimazione alla scelta di oltre 2/3 dell'elettorato.
Come mi era capitato di confidare nei giorni scorsi ad amici, mi sono sottratto alla contesa, perché infastidito (per dirla con bon ton) dal carico di politicismo che, soprattutto negli ultimi giorni, ha caratterizzato la campagna.
La deriva pro/contro il governo ha messo la sordina al quesito tecnico. E il quesito, a mio avviso, non meritava né la deriva dei tifosi, vuoi dell'applauso a Conte-Di Maio vuoi del loro agognato fallimento, né le posizioni scalmanate pro/contro la Costituzione. C'erano ragioni valide sia da una parte che dall'altra, e troppa propaganda, apocalittica o miracolistica, sulle conseguenze delle due scelte opposte.
La deriva pro/contro il governo ha messo la sordina al quesito tecnico. E il quesito, a mio avviso, non meritava né la deriva dei tifosi, vuoi dell'applauso a Conte-Di Maio vuoi del loro agognato fallimento, né le posizioni scalmanate pro/contro la Costituzione. C'erano ragioni valide sia da una parte che dall'altra, e troppa propaganda, apocalittica o miracolistica, sulle conseguenze delle due scelte opposte.
Poiché il risparmio dei 'costi della politica' è argomento miserevole in sé e ancor più miserevole se rapportato alla modesta cifra effettivamente tagliata, ora che comunque il Sì ha vinto vedremo se, come era stato promesso, le necessarie riforme collegate al ritocco costituzionale (dai regolamenti delle camere alla legge elettorale) riusciranno davvero ad aumentare l'efficienza di sistema e, soprattutto, a restituire all'elettore il potere di scegliere l'eletto.
Perché questo a me sembra essere il vero problema che da anni sta insultando cittadini e Parlamento. Deputati e senatori sono diventati una massa di nominati, non più rispondenti a chi li ha eletti, ma ai capi-partito. I parlamentari si continuano a definire 'rappresentanti del popolo', e in questi giorni si sono alzati alti lai per la rappresentanza oltraggiata dalla nuova legge costituzionale. Pochi però hanno ricordato che bisognerebbe specificare che la rappresentanza di cui sono portatori deputati e senatori, da anni, più che essere 'nostra' (affidata alla scheda elettorale dei cittadini), è totalmente 'loro' (rigidamente tenuta dalle mani delle gerarchie di partito).
(2) - Regionali - A parte la Valle d'Aosta, che è una regione tutta 'speciale' e che al momento in cui scrivo sta ancora scrutinando i voti, il risultato complessivo delle forze in campo si è fermato ad un equilibrato 3 a 3.
Il centro destra ha conquistato le Marche, ma ha fragorosamente perso Toscana e Puglia: regioni che, con la Campania, hanno visto i governatori confermarsi per il secondo mandato. Non era scontato, almeno per Toscana e Puglia: e infatti al centro-destra, supportato da molti osservatori più o meno indipendenti, era dato per altamente probabile il rovesciamento, storico soprattutto per la Toscana. E' questo che fa dire oggi che la destra ha perso e il centrosinistra ha vinto.
Il centro destra ha conquistato le Marche, ma ha fragorosamente perso Toscana e Puglia: regioni che, con la Campania, hanno visto i governatori confermarsi per il secondo mandato. Non era scontato, almeno per Toscana e Puglia: e infatti al centro-destra, supportato da molti osservatori più o meno indipendenti, era dato per altamente probabile il rovesciamento, storico soprattutto per la Toscana. E' questo che fa dire oggi che la destra ha perso e il centrosinistra ha vinto.
Non credo vadano esagerati i toni, né per il flop della destra, né per il successo del centrosinistra.
Ma mi pare indubbio che la destra non abbia portato a casa quello che sperava (l'invocazione continua alla 'spallata' da assestare al governo dovrà essere re-ingoiata almeno fino alle prossime elezioni politiche di fine legislatura).
Quanto al centro sinistra, tutto sta a intendersi su qual è il tasso di 'vera sinistra' presente in personaggi come Giani, Emiliano e, soprattutto, De Luca.
Ma accontentiamoci di vedere il leghismo, e Matteo Salvini soprattutto, ancora una volta bloccato e sonoramente battuto nelle sue mire espansionistiche: i pieni poteri vagheggiati soltanto un anno fa sono un ricordo sempre più sprofondato in un passato percorso da un moto di imbecille onnipotenza e la missione 'premiership', addirittura inserita nella ditta del partito con tanto di logo sottratto alla vecchia Lega di Bossi, pare scolorire ogni giorno che passa in sogno infantile sempre meno trasformabile in progetto.
Non solo: il trionfo di Zaia in Veneto (oltre il 75%), con la sua lista personale che triplica i voti della Lega (quasi il 45% contro il 17%), portatore di una visione (autonomista) e di uno stile (moderato) opposti a quelli di Salvini, che sta vedendo naufragare la sua spinta nazionale, senza ricavare guadagno dai suoi atteggiamenti e comportamenti arrembanti e estremisti, costituisce ormai una spina nel fianco che produrrà sempre maggiore dolore al modello ideologico del Capitano, in fase di degradazione a Sergente.
(3) - Il governo - Giustamente si è detto e ripetuto (ma non con l'accordo generale) che referendum e elezioni amministrative nulla c'entrano con la vita del Governo.
Alla luce di come è andata, anche volendo immaginare contraccolpi sul Conte-2 il risultato netto della partita dovrebbe mettere in sicurezza la coalizione di maggioranza. Ma siamo in Italia: luogo di fibrillazione continua. E quindi, ogni previsione rischia di rivelarsi fallace.
Quel che è certo, a me sembra, è che il momento è talmente critico, come tutti a parole convengono (economia disastrata da post-virus e possibile seconda ondata di pandemia), che meriterebbe un lavoro di tutti, 'ventre a terra' e 'h24', sul Recovery Fund: per condividere il più possibile, con la dialettica necessaria a 'trovare', con lo sguardo al futuro, l'equilibrio ottimale del 'bene comune' e con l'occhio insistente sulle fasce più deboli della popolazione, ciò che è da fare e come farlo. Non sciupando l'incredibile occasione europea e dissipando risorse che potrebbero trasformare una buona volta, se ben usate, senza retorica e senza slogan, la 'sostanza', sociale ed economica, del nostro Paese.
Tutto il resto dovrebbe essere noia: politichetta politicante, per dirla bene.
Cioè: melma, per dirla meglio.
Dovrebbe.
*** Massimo Ferrario, Tre punti sulla partita elettorale, per Mixtura
In Mixtura ark #Spilli di Massimo Ferrario qui
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