venerdì 18 settembre 2020

#SGUARDI POIETICI / Sulla Pazienza (Anonimo)

Bisogna, alle cose,
lasciare la propria quieta, indisturbata evoluzione
che viene dal loro interno
e che da niente può essere forzata o accelerata.
Tutto è: portare a compimento la gestazione – e poi dare alla luce …

Maturare come un albero
che non forza i suoi succhi
e tranquillo se ne sta nelle tempeste
di primavera, e non teme che non possa arrivare l’estate.

Eccome se arriva!
Ma arriva soltanto per chi è paziente
e vive come se davanti avesse l’eternità,
spensierato, tranquillo e aperto …

Bisogna avere pazienza
verso le irresolutezze del cuore
e cercare di amare le domande stesse
come stanze chiuse a chiave e come libri
che sono scritti in una lingua che proprio non sappiamo.

Si tratta di vivere ogni cosa.
Quando si vivono le domande,
forse, piano piano, si finisce,
senza accorgersene,
col vivere dentro alle risposte
celate in un giorno che non sappiamo. [da Rilke, 1903]


*** ANONIMO, Sulla pazienza, traduzione di Annapaola Landi, in 'avvertenze.aduc.it', 29 dicembre 2011
Il testo, in genere attribuito in rete a Rainer Maria Rilke (1875-1926), poeta austriaco di origine boema) è solo ispirato a lui e nasce da un’operazione di collage effettuata da un anonimo che ha assemblato alcuni brani contenuti nella lettera inviata da Rilke a un giovane poeta (Franz Xaver Kappus) da Viareggio il 23 aprile 1903.


In Mixtura ark #SguardiPoietici qui

Testo originale (presente in vari siti di lingua tedesca)

Man muss den Dingen
die eigene, stille
ungestörte Entwicklung lassen,
die tief von innen kommt
und durch nichts gedrängt
oder beschleunigt werden kann,
alles ist austragen -- und
dann gebären...

Reifen wie der Baum,
der seine Säfte nicht drängt
und getrost in den Stürmen des Frühlings steht,
ohne Angst, dass dahinter kein Sommer kommen könnte.
Er kommt doch!
Aber er kommt nur zu den Geduldigen,
die da sind, als ob die Ewigkeit
vor ihnen läge,
so sorglos, still und weit ...

Man muss Geduld haben
Mit dem Ungelösten im Herzen,
und versuchen, die Fragen selber lieb zu haben, wie verschlossene Stuben,
und wie Bücher, die in einer sehr fremden Sprache geschrieben sind.
Es handelt sich darum, alles zu leben.
Wenn man die Fragen lebt, lebt man vielleicht allmählich,
ohne es zu merken,
eines fremden Tages in die Antworten hinein.


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