Il maestro Wu Zhi non aveva detto nulla di particolarmente originale: aveva speso parole buone nei confronti degli stranieri, che sempre più fuggivano dai Paesi vicini per guerre e fame, invitando ad accoglierli con compassione e a non considerarli essere inferiori, ma persone solo diverse per colore della pelle e abitudini culturali. Se tutti fossero stati caritatevoli, aveva detto, procurando loro cibo e integrandoli nelle attività del villaggio, tutti avrebbero presto scoperto, nella reciproca condivisione dei costumi e nello scambio di visioni e idee, che le differenze erano solo un punto di forza: sarebbero caduti i pregiudizi, sempre creati dalla non conoscenza dell'altro e dalla paura del diverso, e la comunità intera ci avrebbe guadagnato.
Il piccolo gruppo di seguaci aveva ascoltato in silenzio: non tutti erano d'accordo, ma erano abituati a rispettare Wu Zhi e a cercare di mettere in pratica i suoi precetti.
C'era però un uomo che appariva visibilmente alterato: un omone grande e grosso, conosciuto nel villaggio come un tipo scontroso, che amava vivere isolato e che più volte aveva attaccato briga per futili ragioni.
Da almeno qualche minuto ripeteva improperi a voce sempre più alta all'indirizzo del maestro. Poi si era avvicinato, minaccioso, facendosi largo tra chi ascoltava in silenzio.
E proprio quando Wu Zhi aveva concluso il suo breve intervento, chinandosi in segno di saluto davanti a tutti con le mani giunte a mo' di preghiera, l'omone gli aveva sputato in faccia.
Li Min, l'allievo prediletto di Wu Zhi, non era riuscito a prevenirlo. Il gesto era stato tanto improvviso quanto inaspettato: nessuno aveva mai osato mancare di rispetto al maestro con un atto così volgare.
Il gruppo espresse il suo sconcerto con un silenzio attonito: era accaduta una cosa che mai si pensava potesse accadere.
Tutti fissarono Wu Zhi.
Il maestro non riuscì a nascondere un moto di fastidio. Il volto sempre rilassato, spesso accompagnato da un sorriso di sincera serenità che gli fioriva sulle labbra, si rabbuiò.
Ma non profferì parola.
Con una mano cercò nella tunica un pezzo di iuta che portava sempre con sé per asciugarsi le mani quando se le bagnava al fiume: se lo passò sulla faccia e il viso gli tornò normale.
Con una mano cercò nella tunica un pezzo di iuta che portava sempre con sé per asciugarsi le mani quando se le bagnava al fiume: se lo passò sulla faccia e il viso gli tornò normale.
L'omone, subito dopo aver compiuto il suo gesto, era corso via, sgomitando con violenza tra i presenti per farsi strada contro chi incontrava sul cammino.
Li Min, nonostante la sorpresa, non aveva perso un secondo e si era gettato all'inseguimento, urlando a chi era più lontano di bloccare la fuga dell'uomo.
Presto Li Min e l'omone scomparvero alla vista, imboccando il dedalo delle stradine del villaggio.
Trascorsero pochi minuti.
Il gruppo che aveva ascoltato il maestro non si era sciolto: in piedi, alcuni continuavano a essere senza parole e altri sussurravano reciprocamente commenti a quanto accaduto, curiosi di vedere la conclusione dell'episodio inqualificabile.
Finalmente, Li Min ricomparve all'angolo delle case, in fondo alla piazza.
Tornava a passo svelto verso lo spiazzo in cui Wu Zhu aveva terminato il suo intervento, insieme con un giovane, atletico e di bell'aspetto, che aveva obbedito al suo invito, inseguendo e bloccando la fuga dell'uomo: in mezzo, ben abbracciato in modo che non potesse scappare, i due stavano accompagnando l'omone che erano riusciti a fermare.
I tre raggiunsero il maestro.
Wu Zhu, ora, aveva il volto rilassato: sembrava aver ritrovato la serenità.
Li Min, ancora accaldato e rosso in viso per la corsa, parlò a voce alta, in modo che tutti potessero sentire: era ancora evidente, dal viso corrucciato, la collera che il vergognoso episodio gli aveva suscitato.
«Ecco, maestro, l'uomo che ha osato mancarti di rispetto. Ti chiedo, anche a nome di tutti coloro che ti vogliono bene e apprezzano la tua saggezza, il permesso di dargli ciò che si merita».
«Ecco, maestro, l'uomo che ha osato mancarti di rispetto. Ti chiedo, anche a nome di tutti coloro che ti vogliono bene e apprezzano la tua saggezza, il permesso di dargli ciò che si merita».
L'omone aveva smesso di strattonare Li Min e il ragazzo che lo aveva fermato e immobilizzato dopo un inseguimento da primato.
Sembrava essersi calmato.
Ma guardava Wu Zhi con strafottenza, con un risolino beffardo esibito all'angolo della bocca, attendendo di sapere quale pena gli sarebbe stata comminata.
Sembrava essersi calmato.
Ma guardava Wu Zhi con strafottenza, con un risolino beffardo esibito all'angolo della bocca, attendendo di sapere quale pena gli sarebbe stata comminata.
Wu Zhi congiunse le mani, in segno di saluto, facendo un inchino davanti all'uomo che gli aveva lanciato lo sputo.
Rimase zitto per parecchi secondi, sorridendogli.
Poi lo fissò negli occhi, con dolcezza.
«Non conosco neppure il tuo nome. Ed è la prima volta che posso scambiare una parola con te. Ma sento profondamente di doverti ringraziare».
Il maestro fece una lunga pausa.
Li Min non osò esprimere la sua reazione, ma era di sconcerto.
I presenti si guardarono in faccia, stupiti: un'onda di brusio percorse il gruppo.
Il maestro che ringraziava l'omone che aveva osato sputargli in faccia? Avevano sentito bene?
Il maestro che ringraziava l'omone che aveva osato sputargli in faccia? Avevano sentito bene?
Wu Zhi riprese, stavolta rivolgendosi al gruppo dei seguaci: che subito ammutolirono.
«Inutile nascondere che il gesto dell'uomo non ha provocato soltanto turbamento in tutti noi, ma anche vera e propria rabbia. In me, senz'altro: e chi ha visto la mia reazione immediata credo possa confermarlo. Tuttavia, la rabbia ha toccato pure Li Min: che ancora adesso, dopo la corsa per bloccare l'uomo, ha il cuore inquieto e chiede la sua punizione. E forse, qualcosa di simile alla emozione che io e Li Min abbiamo provato, ha coinvolto anche molti di voi: gli atti violenti, la mancanza di rispetto, l'oltraggio, anche quando non sono rivolti a noi direttamente, non sono acqua che scivola sul sasso nel fiume, ma producono reazioni di fastidio, irritazione, stizza, talvolta vera e propria collera. Giustamente: perché un equilibrio si altera e la natura di cui siamo parte chiede un riequilibrio. E talvolta l'esigenza di riequilibrio assume la forma di analoghi atti di violenza. Così a violenza rispondiamo con violenza. Ciò che è accaduto, tuttavia, è un piccolo esempio di come possiamo reagire senza farci dominare dalla rabbia: lasciandola andare. In me la rabbia se n'è andata, in Li Min e in voi spero se ne vada anche con queste mie parole. Ho ringraziato l'uomo perché mi ha consentito di lasciar andare la rabbia. Ora invito Li Min a lasciar andare l'uomo. Anche questo, forse, può essere per lui un incoraggiamento a lasciar andare la rabbia che l'ha spinto a sputarmi in faccia. Io non ne conosco le ragioni e magari anche a lui sono ignote. Ma certo un senso, la sua rabbia, almeno per lui, doveva averlo, altrimenti non avrebbe compiuto il gesto che ha commesso. Un senso che sicuramente non giustifica, ma può spiegare. E che magari lui conosce. O, ripensandoci, può conoscere. Facendosi domande: da solo, o chissà, se ne ha voglia, aiutato da altri che non considera suoi nemici e che possono spingerlo a chiedersi cosa gli turbasse l'anima».
Wu Zhi staccò la vista dal gruppo, che aveva ascoltato in silenzio assoluto, senza perdere una parola, e, con benevolenza, tornò a incrociare gli occhi dell'omone.
«Sappi, uomo, che non sono solito imporre il mio aiuto: anche perché imporre l'aiuto è il modo sicuro per non aiutare. Ti informo solo che se tu volessi scambiare parole e pensieri con me, magari anche per farmi capire perché sono stato la fonte di tanta rabbia, non solo sarei volentieri a tua disposizione, ma ti ringrazierei con cuore sincero. Vivo al piccolo monastero, appena fuori il villaggio: tutti sanno che là non ci sono porte chiuse e chiunque è benvenuto. Intanto, a te e a tutti, senza retorica, ma con quell'affetto che dovrebbe legare gli esseri umani, chiedo di accogliere il mio augurio genuino: di stare in pace e godere di buona vita.»
Wu Zhi staccò la vista dal gruppo, che aveva ascoltato in silenzio assoluto, senza perdere una parola, e, con benevolenza, tornò a incrociare gli occhi dell'omone.
«Sappi, uomo, che non sono solito imporre il mio aiuto: anche perché imporre l'aiuto è il modo sicuro per non aiutare. Ti informo solo che se tu volessi scambiare parole e pensieri con me, magari anche per farmi capire perché sono stato la fonte di tanta rabbia, non solo sarei volentieri a tua disposizione, ma ti ringrazierei con cuore sincero. Vivo al piccolo monastero, appena fuori il villaggio: tutti sanno che là non ci sono porte chiuse e chiunque è benvenuto. Intanto, a te e a tutti, senza retorica, ma con quell'affetto che dovrebbe legare gli esseri umani, chiedo di accogliere il mio augurio genuino: di stare in pace e godere di buona vita.»
*** Massimo FERRARIO, Il maestro Wu Zhi, l'omone, la rabbia, per Mixtura. Libera riscrittura di un racconto di ispirazione buddista diffuso in rete.
In Mixtura ark #Favole&Racconti di Massimo Ferrario qui
In Mixtura, sul Maestro Wu Zhi e Li Min, altri due racconti:
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