martedì 25 settembre 2018

#MOSQUITO / Il lavoro ben fatto e il muratore di Auschwitz (Primo Levi)

Sono convinto che l’uomo normale è biologicamente costruito per un’attività diretta ad un fine, e che l’ozio, o il lavoro senza scopo (come l’Arbeit di Auschwitz) provoca sofferenza e atrofia. (…) Ma ad Auschwitz ho notato spesso un fenomeno curioso: il bisogno del ‘lavoro ben fatto’ è talmente radicato da spingere a far bene anche il lavoro imposto, schiavistico. Il muratore italiano che mi ha salvato la vita, portandomi cibo di nascosto per sei mesi, detestava i tedeschi, il loro cibo, la loro lingua, la loro guerra; ma quando lo mettevano a tirar su muri, li faceva dritti e solidi, non per obbedienza ma per dignità professionale. 

*** Primo LEVI, 1919-1987, scrittore, testimone dei lager, intervistato da Philip Roth, 'The New York Times Book Review', 12 ottobre 1986, citato da David Bidussa, Dignità del saper fare, 'Fondazione Feltrinelli', 12 maggio 2014, qui
https://it.wikipedia.org/wiki/Primo_Levi


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