Le chiusure domenicali dei Centri Commerciali
Dopo qualche giorno passato a ragionare (?) con chi li vorrebbe aperti, ho notato che l’unica tesi a supporto per costoro è: “a me serve”.
La spiegazione oscilla da: “sono sempre in viaggio, o vado di domenica a fare la spesa o quando torno al sabato non ho nulla da mangiare” a un generico: “io preferisco così”.
(Forse dovremmo provare a tirare una riga fra gli alimentari e gli altri settori merceologici.)
I più "sensibili" auspicano che “chi lavora la domenica (e le festività) lo faccia volentieri e ben pagato” e immagino anche sperino che Babbo Natale abbia un’assicurazione contro gli infortuni…
Il fatto che attualmente non sia così… (perché vorrei dirvelo: "Sveglia! Non è così!") pazienza. “Io auspico, se poi non accade, non è colpa mia.”
Ho provato a dire “ma se sei contro il lavoro minorile e ti dicono che quel prodotto lo fabbricano i bambini tu auspichi e acquisti o auspichi e nel frattempo non acquisti, cioè boicotti?”.
Mi ha risposto: “l’esempio che hai fatto è fuorviante…”. Allora, fatti un esempio e datti una risposta…
La differenza fra un ospedale e un centro commerciale è chiara quasi a tutti.
“Quasi” significa a qualcuno no, e mi rattristo se penso che anche ‘sta gente ha un certificato elettorale…
“Allora chiudiamo i cinema e i ristoranti…” è invece maggiormente diffusa e scritta con l’aria di: “Eh? Sono sagace eh? A me non la si fa…”.
Sorvolo sul fatto che chi fa il cameriere sa che il suo business si svolge in quel modo, così come i bagnini di Riccione che non pretendono di fare le vacanze in agosto o chi fa massaggi estetici nelle SPA degli Hotel frequentati, guarda caso, prevalentemente nei w/e.
Io stesso ho lavorato per 4 anni su 3 turni 8:30-23:00, 7/7, 365/anno, ma lavoravo a Canale 5 e si sa, le televisioni trasmettono sempre, non consideravo sadico che la domenica (e tutti i festivi che Dio e Costituzione mandano in terra) andasse calcolato l’ascolto televisivo su cui veniva calcolato il costo contatto per gli spot pubblicitari…
Insomma ci sono dei business che non possono essere fatti se non quando possono i clienti, che altrimenti non ne fruirebbero e non per un loro sfizio egoistico ma perché non hanno, effettivamente, alternative.
Problema culturale
La cosa grave è che lo shopping (non gli alimentari ma le t-shirt) o lo “shopping protetto” (provo decine di t-shirt ma non acquisto nulla) siano considerati alla stregua dell’intrattenimento, del benessere, della cultura, ecc.
Arriverà qualcuno a commentare: "Per me lo è" ed è proprio ciò che io considero culturalmente grave.
Per questo mi rifiuto di motivare perché la penso così, almeno mi rifiuto su facebook.
Ovviamente non pretendo che lo comprendano (se così fosse avremmo già trovato la soluzione, così come io sono disposto a ragionare per quei casi dove, per davvero, non ci sono alternative…).
Problema relazionale
Se tu pensi che al centro ci sia tu e che non conti altro che questo, e che per soddisfare il tuo capriccio chissenefrega se gli altri sono sfruttati e prescritti… allora tu hai un problema grande come una casa ma sei asintomatico (sono un signore...) e non te ne rendi conto.
Il vero problema ce l’ho io che devo spartire ‘sto mondo con una “roba” come te.
*** Stefano FACHERIS, consulente, Chiusure domenicali dei Centri Commerciali, facebook, 17 settembre 2018, qui
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