Ieri ero ferma con altre persone ad un semaforo pedonale e parlavo al telefono con il mio fidanzato di vacanze e di quello che dovevamo fare prima di partire. Scatta il verde. Comincio a camminare.
Davanti a me c’è una signora di colore che tiene per mano, a sinistra, una bambina di tre anni circa e a destra una di più o meno sei. Nel senso opposto c’è gente che attraversa come noi. “Guarda che c’è da anticipare l’hotel perché arriviamo un giorno prima non ti dimentic...”.
Poi un micro-flash di quelli che arrivano pure se stai facendo e pensando altro. Un signore anziano nel senso opposto con la moglie accanto - stempiato, leggermente curvo, camicia azzurra bella linda e inamidata - nel passare accanto alla ragazzina che tiene la mano alla signora di colore, urla una frase secca: “Fate spazio alla gente, dobbiamo attraversare anche noi!”.
Io interrompo la conversazione col mio fidanzato. Per un attimo mi domando se per caso abbia sentito male. Vedo la signora che si gira a guardare il tizio ormai dietro di lei che ancora agita le mani. Scuote la testa. Le bambine procedono dritte, non hanno capito nulla. Lei sì. Le dico “Ma che vuole?”, lei non risponde. La guardo di profilo mentre si allontana.
Non è successo nulla. Non è nulla che sia degno di nota o che abbia una qualche rilevanza mediatica. Nessun lancio di uova, nessuna pistola.
C’era però un umore. Qualcosa di più di una lite. Di una frase di troppo. Era un fastidio epidermico, quello che ho percepito. Era “fatti più il là”, era “lascia la strada libera all’uomo bianco”.
Poi ognuno è andato per la sua strada.
Il signore al suo centro commerciale, io dalla tizia che mi avrebbe tagliato i capelli, la signora e le bambine forse a casa, era ora di pranzo.
Abbiamo condiviso per tre/quattro secondi lo spazio di poche strisce pedonali.
Per qualcuno si stava stretti.
Pochi minuti dopo, mentre la ragazza mi lavava i capelli, ripensavo a quello che era successo pochi minuti prima. Mentre ci pensavo ho sentito l’odore cattivo di questa strana aria che tira da un po’.
E no, non era tinta per i capelli.
*** Selvaggia LUCARELLI, giornalista, scrittrice, facebook, 31 luglio 2018, qui
https://it.wikipedia.org/wiki/Selvaggia_Lucarelli
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