Troppo abituati a vedere che non è “legittima” oggi, non ne parliamo. Non ha luogo, non ha ascolto, non si ha voglia di parlare della tristezza. Bisogna ridere, agitarsi, fare e rifare, agire, vincere, urlare oppure irrigidirsi, odiare, incolpare e la tristezza non s’accompagna mai volentieri a questi verbi esagitati, sommari e creduloni. E’ un sostantivo tenero e prezioso, lei, non vuole essere messa alle spranghe con una diagnosi né essere ripudiata come dubbio o debolezza … Vede, sa, ma ha tempi onesti e lunghi, ha modi sensati e attinenti … Non vuole essere dileggiata, fraintesa o trasformata in moneta spesa alla bisogna. Non vuole essere drogata o riempita d’alcol per essere messa a tacere. Vuole esistere, essere capita, ascoltata e vuole un cantuccio dove lentamente pensieri e parole possano raggiungerla e svelarla. Solo un riparo dove non sentirsi braccata e dove poter svolgere quel suo magico lavoro di radunare le nuvole volate troppo in alto, appesantire i vapori che danno alla testa e trasformarli in lacrime di pioggia affinché tornino in basso, in grembo, al suolo, alla calma, alla pacificazione. Quel grande insostituibile lavoro di mantenere l’uomo legato a sé e l’umanità ben salda e presente nel mondo e nel nostro mondo. Lavoro ormai anche lui “licenziato”, precario, senza diritti … distribuito “ad minchiam” nel capriccio, nel superfluo, nel pettegolezzo, nel raggiro…
Non sei sola cara tristezza, non andartene… Mai come oggi abbiamo bisogno di te, del tuo palpitare nel petto davanti a crudeltà mostruose, davanti a orrori che non sappiamo impedire, davanti ai nostri patimenti che rischiano di diventarci estranei. Abbiamo bisogno del velo di lacrime che regali ai nostri occhi e più agli uomini … sai, ancora non sanno commuoversi. Non ascoltare chi ti impaurisce, chi ti istiga al rancore, chi ti rinnega, chi incendia il tuo cuore… Solo tu e la tenerezza potete proteggerci perché custodite il giardino prezioso della sfumatura, del dolore sofferto non espulso e della civiltà in cui l’uomo che viene prima di tutto. Non andartene. Non sei nemica. Sei l’unico terreno fertile per i figli che verranno e l’unico rifugio ormai dell’essere umani.
*** Tiziana CAMPODONI, insegnante, blogger, saggista, Ti prego, tristezza, 'bluemoonandart', 28 giugno 2018, qui
foto di Daidō Moriyama, 1938
fotografo giapponese
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