amava chiamarmi alla lavagna.
Diceva che la mia testa andava bene giusto per portare
un berretto.
Diceva che un uccello con un’intelligenza come la mia
sarebbe volato all’indietro.
Mi mandò a pascolare le oche.
Adesso, a distanza di anni da quella frase,
quando siedo sotto la palma
con le mie tre belle oche,
penso che forse allora aveva visto giusto,
il mio insegnante di matematica,
e aveva ragione lui,
perché non vi è nulla che mi renda più felice
del guardarle ora
avventarsi sul pane sbriciolato,
agitare la coda felice,
arrestarsi per un attimo in silenzio
sotto le gocce d’acqua
con cui le spruzzo
dalla canna,
drizzare il capo mentre il corpo
si tende come memore
di laghi lontani.
Il mio insegnante di matematica è morto da un pezzo ormai
e morti sono anche i suoi problemi che non mi riuscì mai
di risolvere.
Mi piacciono i berretti,
e sempre la sera
quando gli uccelli fanno ritorno tra le fronde dell’albero,
cerco quello che vola all’indietro.
*** Agi MISHOL, 1946, poetessa israeliana, Oche, in 'doppiozero.com', 12 agosto 2017, qui
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