sabato 13 maggio 2017

#FAVOLE & RACCONTI / Il giorno prima del matrimonio (M. Ferrario)

Non si era ancora ripreso.
E doveva assolutamente condividere la sua storia con qualcuno.
Telefonò al suo amico del cuore.
«Dobbiamo vederci. Subito. Devo raccontarti tutto.»

L'amico, proprio nel pomeriggio, aveva raccolto il sì entusiasta di tutti: regali comprati, locale prenotato, festeggiamenti organizzati. Per la serata di addio al celibato dell'indomani, nessuno si era tirato indietro: e Franco, ci giurava, se la sarebbe ricordata per tutta la vita.
Per questo fu sorpreso.
Cosa poteva essere accaduto? Qualcosa che aveva a che fare con il matrimonio fissato per il giorno dopo?

Si trovarono al solito bar.
Franco era un fiume in piena e l'amico non ebbe bisogno di fare domande. 

«Credo di averti parlato di Sara...».
«Sì, certo, la sorella minore di Monica. La ragazzina che fa l'università...».
«Appunto. Lei. Un po' più che ragazzina, ormai: è una donna fatta e finita. E' al primo anno di giurisprudenza. Non so se ti è capitato di incontrarla, ma se la vedi non te la dimentichi più: dire carina è dire poco. Lei ne è consapevole e naturalmente, come mi ha raccontato Monica, fa impazzire i suoi colleghi di università, che fanno a gara per conquistare le sue simpatie, ottenendo solo dinieghi e umiliazioni. Da qualche mese, da quando ha saputo del mio fidanzamento con Monica e della nostra decisione di sposarci, non mi dà tregua. In modo sottile ma insistente, tutte le volte che ci incrociamo, fa la civetta. All'inizio si limitava a qualche battuta, un sorriso, un complimento. Io pensavo che scherzasse e cercavo di non dare peso. Poi il suo atteggiamento, nelle ultime settimane, è diventato sempre più spavaldo e provocante: la domenica, a casa dei futuri suoceri per il pranzo domenicale, si faceva trovare con vestiti sempre più attillati, minigonne all'inguine, scollature vertiginose. Ha 19 anni, ormai un corpo maturo: una bellezza prorompente, le forme giuste nei posti giusti. Insomma, ogni volta, mentre Monica era indaffarata in cucina, lei, con la scusa di dover apparecchiare la tavola, non perdeva occasione per passarmi vicino e in qualche modo sfiorarmi: finiva che mi toccava, davanti o dietro,  con il seno e con il sedere, facendo finta di non volerlo. E quando si scusava, con il sorriso provocante, si capiva che non si scusava affatto. Io non non avevo mai incentivato i suoi approcci e anzi mi ripromettevo di farle capire che era bene smettesse. Ormai avevo rimandato a quando fossimo stati anche formalmente cognati. Poi, ieri, è accaduto il fatto».

Franco si interrompe: è ancora scioccato.
L'amico pende dalle sue labbra.
«Allora?».
«E' venuta da me ieri pomeriggio, in studio. Stavo sistemando le ultime cose prima di chiudere per la settimana di viaggio di nozze. Monica era dalla sarta per i preparativi finali del vestito da sposa: ci saremmo poi incontrati in centro per completare alcuni acquisti per la casa. E...».

Franco fa una pausa.
L'amico ha intuito: pazienta, gli concede i suoi tempi.
«Insomma, è accaduta una cosa incredibile. Lei suona, io non verifico mai nello spioncino e apro la porta. Sara, subito, ancora sulla soglia, senza dire una parola, mi salta addosso e mi stampa un bacio che non finiva più. Sulla bocca. Violento, appassionato. Io cerco di sottrarmi, ma lei insiste. Non si accontenta di un bacio casto e io oppongo tutta la resistenza di cui sono capace per mantenerlo il più possibile tale. Quando finalmente riesco a staccarmi e ad allontanarla, mi dice che si è accorta che io la desidero, che non lo negassi e che anche lei non resiste più. Confessa che sa di fare una cosa terribile verso la sorella, ma aggiunge che al desiderio non si comanda. E comunque basta non dirglielo. La spingo dentro, chiudo la porta, ad evitare che qualche vicino curioso possa vedere quanto sta accadendo. Restiamo nel corridoio in piedi a fissarci: io sono ammutolito. Lei mi sorride, più sensuale che mai. Poi estrae lo smartphone dalla borsetta, lo accende, avvia una musica d'atmosfera e lentamente, come una professionista di alta classe, improvvisa uno spogliarello. Movenze languide, sguardi ammiccanti. Nessuna volgarità. Solo erotismo allo stato puro. E io sento salire l'eccitazione al massimo. Continuo a osservarla, mentre danza e si sveste: attonito, incapace di voltare gli occhi, rapito dalla scena. Dimentico tutto: chi sono, il matrimonio del giorno dopo, Monica. Lei si accorge del mio stato confusionale e approfitta per accentuare i movimenti dolci e sinuosi del corpo. Finché, all'improvviso, prima di togliersi gli slip, si blocca: spegne lo smartphone, raccoglie gli indumenti lasciati cadere a terra fino a quel momento e indica maliziosamente con il dito, in fondo al corridoio, la seconda stanza dell'appartamento: la camera attrezzata a soggiorno, con una minuscola cucina e lo spazio per un grande divano-letto. Era venuta una volta a trovarmi con Monica e certo non occorre molta memoria per ricordare la disposizione del mio minuscolo appartamento da scapolo. Prima però di incamminarsi in fondo al corridoio, mi avvicina, mi accarezza la guancia con un buffetto e mi sussurra, decisa e dolce insieme, che mi aspetta di là. "Fai presto", mi dice. "Ho atteso anche troppo".»

L'amico ha il fiato sospeso.
«E tu?».

Franco rivede la scena.
«Io resto imbambolato, sento che mi sto sciogliendo. Non so che fare. Preso tra due fuochi. Da una parte, lo sai, l'amore sincero e indiscutibile per Monica, che sposo domani: la donna che amo, quella dei miei sogni, quella con cui voglio dividere la vita e fare figli. E dall'altra, sua sorella Sara: che non mi era mai apparsa tanto attraente. Con un corpo che si è rivelato uno schianto. Cerco di recuperare un minimo di razionalità, ma ho la testa confusa. Mi dico: è lei che mi si offre, senza remore, impudica. Non sono io che sono andato a cercarla. Anzi, io ho sempre fatto finta di nulla. Ignorato i suoi ammiccamenti. Mai dato corda alle sue provocazioni. Ora mi è venuta addirittura in casa per proporsi. Non c'è neppure la scusante del gesto inconsulto di un'adolescente: Sara non è più una ragazzina, è adulta e maggiorenne. E' determinata, sa quello che vuole. E 'mi' vuole. Come faccio a rifiutare? Già, è la sorella di Monica e questo dovrebbe bastare per farmi scappare lontano mille miglia. Che domani mia moglie lo venga a sapere o meno, ci sono cose che non si fanno: tabù che non si rompono. Tuttavia, mentre tento di ritrovare un po' di superio in me stesso, una vocina diabolica mi suggerisce delle attenuanti: in definitiva, se pure dico sì, che sarà mai? Un'avventura, una scappatella, l'ultima trasgressione della mia vita da scapolo. Da questo rapporto non nascerà sicuramente una relazione. Lei è stata chiara: ha parlato semplicemente di desiderio. Vuole sesso, nulla più. Adesso, ora. Da me. Se faremo sesso questa volta, non ci saranno altre volte, non ci dovranno essere. Mentre mi ripeto tutto questo, Sara in fondo al corridoio continua a provocarmi: mi invita con la mano, si tocca il seno, mi fa l'occhiolino. Io sento che non ce la faccio a resistere».

L'amico non si trattiene.
«Ok, ho capito. Hai ceduto e sei finito a letto con Sara. Ti prometto che sarò muto come un pesce. Nessuno lo saprà mai».

Franco non ascolta: è ancora immerso nel film che sta rivivendo.
«A quel punto mi sono deciso e sono uscito di corsa, sbattendo la porta. Ero arrabbiato con me stesso, ma non c'era altra soluzione. Ho fatto le scale a due a due, trattenendo l'eccitazione: per poco capitombolo e travolgo la custode che stava spazzando il cortiletto.»
L'amico non ci crede.
«Sei riuscito a resistere? Sei scappato?»

Franco non risponde: continua, tutto preso dal racconto.
«Sul marciapiede, a pochi metri dall'auto che avevo parcheggiato la sera prima e verso cui stavo correndo a perdifiato, incrocio mio suocero: quasi lo investo. Sta riponendo in tasca il telefonino, mi vede, sorride. È il ritratto della felicità in persona: neanche avesse vinto la lotteria di capodanno. Mi abbraccia e mi bacia sulle due guance, con un trasporto che non gli avevo mai visto esprimere verso di me. Mi dice: "Franco, ho saputo ora da Sara, mi ha chiamato sul telefonino...". Lo interrompo. "Guarda, Salvatore, non so cosa ti ha detto Sara, ma ti assicuro che non l'ho neppure toccata: non è successo nulla, devi credermi, non oserei mai tradire Monica...". Mio suocero mi stringe ancora di più. Quando si stacca da me, mi fissa negli occhi, tutto commosso: "Lo so, l'hai dimostrato ora. Hai superato la prova: Sarà è un'attrice nata e da quello che mi ha detto deve aver interpretato magnificamente la parte che le avevo assegnato. Ma tu sei stato grande, Franco. Ti meriti mia figlia Monica. Ora finalmente posso dirti: benvenuto in famiglia...».

L'amico è sconcertato.
«Una prova? Tuo suocero aveva organizzato tutto questo con la figlia minore per testare il tuo amore per Monica, per verificare la tua fedeltà a lei?».
Franco resta pensoso.
«Già. Tutta una messa in scena. E io c'ero caduto.»

L'amico gli dà una pacca sulla spalla.
«Be', sì, ci eri caduto. Però, in effetti, non ci sei caduto: a Sara hai detto di no e te ne sei addirittura scappato di casa per essere sicuro di con caderci.»

Franco fa segno di no con la testa.
L'amico insiste.
«Non è andata così?».

Franco annuisce, ma si passa la mano sul viso, come per cancellare quello che avrebbe potuto accadere.
«So solo che l'ho scampata bella. Se non avessi incontrato mio suocero...»
L'amico non capisce.
Franco emette un lungo sospiro.
Ha in mente la scena finale.
«Stavo correndo alla macchina. E continuavo a imprecare con me stesso per la sbadataggine. Invece...».

Segue una pausa lunga: l'amico comincia a disperare di poter capire.
«Sbadataggine? Ma perché?»
Franco parlava da solo.
«In macchina, dentro il cruscotto. Stavo correndo a prenderli. Ringrazio la mia buona abitudine. Impara anche tu: mai senza.»

L'amico strabuzza gli occhi.
«Ma cosa dovrei imparare? Mai senza cosa?»

Franco finalmente è rilassato e lo fa vedere con un sorriso beato che gli allarga il viso.
Segue solo i suoi pensieri: come parlasse a se stesso.
«Salvano la vita, mio caro. Anche nel senso più proprio. Mio suocero, me l'ero dimenticato, è un tipo all'antica, uno di quelli che ancora sparerebbero, in casi come questi».

L'amico esplode:
«Insomma, Franco, la finisci di fare il misterioso? Mi vuoi dire cosa cercavi in macchina?»
«Quando dimentico di portarmeli al seguito, so sempre che posso contare su quelli che ho in macchina. Nel cruscotto. Non ne faccio mai a meno, per fortuna. Che sia sempre benedetta, la mia confezione di preservativi...».

*** Massimo Ferrario, Il giorno prima del matrimonio, 1917, per Mixtura - Libera rielaborazione di un breve racconto-barzelletta diffuso anche in rete.


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