che non sia un sogno.
In cui finalmente sapremo dire
basta
a chi spaccia false serenità
in forma di occhiali rosa:
alzeremo la testa
dal nostro osannato
ombelico
e finalmente ci accorgeremo
che non bastiamo a noi stessi.
Sogno un sogno
che non sia un sogno.
In cui saremo molti
ai quali la realtà farà sempre più
male:
scopriremo che questo è
bene
perché è proprio quando il male fa davvero
male
che è più facile,
anche solo per disperazione,
provare a cambiare
il male
almeno in un po' di
meno male.
Sogno un sogno
che saprò essere un sogno.
E quando smetterò di
sognare
e mi sveglierò con gli occhi ancora
sognanti
mi sarà sufficiente aver sognato la possibilità
di un'altra realtà
per ostinatamente sperare ancora,
pur se disperatamente e quasi senza speranza,
che questa realtà
tanto lontana dal sogno
finalmente stani e convinca
molti, tanti, mai troppi
a gettare una buona volta nella spazzatura
le dolci visioni illusorie,
i farmaci tranquillanti
e i corsi e le letture sul benessere egoista
dei nostri minuscoli miserevoli ammorbanti
Io-ombelichi
creduti autosufficienti e venerati al centro del mondo.
Allora
tenendoci per mano
usciremo fuori nella realtà reale:
molti, tanti, mai troppi,
non più accozzaglia confusa
di infiniti Io divisi e indipendenti,
ma finalmente coscienza collettiva,
appassionata e determinata e con l'orizzonte nell'anima,
individui interi e in relazione,
parti di un grande Noi liberatorio
interdipendente e solidale.
E allora,
almeno un po' e senza onnipotenza,
ma solo riconoscendolo come nostro
e non di altri,
riusciremo a spurgare
questo interminabile fiume
di sozzura
che ogni giorno si riversa come liquame
fuori per ogni strada
di questo benedetto maledetto
mondo.
E se non sarà rivoluzione,
comunque avremo fatto
- per la prima volta,
una buona volta,
forse non solo in sogno -
qualcosa di
rivoluzionario.
*** Massimo Ferrario, Il sogno e la possibilità, 2015-2017, per Mixtura
In Mixtura ark #SguardiPoietici qui
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