Due giovani camminano insieme senza meta. Giungono in vista di un bel castello. Entrambi vorrebbero visitarlo. L’introverso dice: “Vorrei sapere che cosa c’è dentro.” L’estroverso risponde: “Entriamo”, e si accinge a varcare la soglia. L’introverso lo trattiene: “Forse è proibito entrare”, dice, e pensa tra sé a non precisati divieti di polizia, multe, cani feroci ecc. L’estroverso risponde: “Possiamo chiedere. Vedrai che ci lasciano entrare”, e s’immagina sullo sfondo vecchi custodi cordiali, proprietari ospitali e altre possibili avventure romantiche. L’ottimismo dell’estroverso li persuade finalmente a entrare. E qui cominciano le peripezie. All’interno il castello è stato trasformato e riattato, non c’è altro che qualche sala con una raccolta di antichi manoscritti. Succede che questi manoscritti incantano il giovane introverso. Non appena li vede, ecco che si trasforma: si sprofonda nella contemplazione di questi tesori, ne parla in termini entusiastici. Coinvolge il custode in una discussione per cercare di strappargli il maggior numero possibile di informazioni, e poiché il risultato della conversazione è piuttosto magro, s’informa se c’è un sovrintendente, vuole cercarlo subito e rivolgere anche a lui le sue domande. Il suo timore è scomparso: gli oggetti hanno acquistato un fascino seducente, il mondo ha cambiato faccia. Intanto però l’estroverso perde sempre più slancio: fa il muso lungo e incomincia a sbadigliare. Nel castello non c’è traccia di guardaportoni cortesi, niente ospitalità cavalleresca, di avventure romantiche neanche l’ombra: non c’è che un castello trasformato in museo. Di manoscritti può trovarne anche a casa sua. Mentre l’entusiasmo del primo aumenta, l’umore dell’altro peggiora: il castello gli viene a noia, i manoscritti gli ricordano la biblioteca, la biblioteca si associa nella sua mente con l’università, l’università con lo studio e con la minaccia degli esami. A poco a poco un velo di fastidio cala sul castello, prima così interessante e attraente. L’oggetto diventa negativo. “Non è fantastico – esclama l’introverso – avere scoperto per caso questa magnifica collezione di manoscritti?” “Io trovo tutto orrendamente noioso”, replica l’amico, di umore ormai decisamente nero. Il primo giovane si secca e decide fra sé di non mettersi mai più in viaggio con un estroverso. Il secondo s’infastidisce per il fastidio del primo: “L’ho sempre pensato – dice fra sé – che è un egoista senza riguardi per gli altri, e sciupa questa splendida giornata di primavera, che potremmo goderci all’aperto, per i suoi personali interessi.”
*** Carl Gustav JUNG, 1875-1961, medico e psicoanalista svizzero, fondatore della psicologia analitica, Psicologia dell'inconscio, V edizione, 1943, in Due testi di psicologia dell'inconscio, in Opere 7, da Il problema del tipo di atteggiamento, capitolo 4, Bollati Boringhieri (edizione digitale 2015)
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