martedì 10 gennaio 2017

#MOSQUITO / Disoccupati, criminali, sottoclasse, esclusi (Zygmunt Bauman)

Non avere un posto di lavoro viene sempre più percepito come uno stato di «esubero» (essere scartati, etichettati con il marchio di superflui, inutili, non impiegabili e condannati a rimanere «economicamente inattivi») invece che come una condizione di «disoccupazione» (termine che indica un allontanamento dalla norma, che è quella dell’«essere occupato», un disturbo temporaneo che può e deve essere curato). Essere senza lavoro significa poter essere smaltiti, forse essere già smaltiti una volta per tutte, assegnati agli scarti del «progresso economico» – quel cambiamento che si riduce in ultima istanza nel fare lo stesso lavoro e nell’ottenere gli stessi risultati economici ma con meno personale e con «costi del lavoro» più bassi che in passato.
Soltanto una linea sottile separa oggi i disoccupati, in modo particolare i disoccupati di lungo periodo, dal buco nero della «sottoclasse»: uomini e donne che non rientrano in nessuna suddivisione sociale legittima, individui lasciati fuori dalle classi e che non possiedono nessuna delle funzioni riconosciute, approvate, utili e indispensabili svolte dai membri «normali» della società; persone il cui apporto alla vita della società è nullo, delle quali la società potrebbe fare a meno e dalle quali guadagnerebbe sbarazzandosene.
Non meno tenue è la linea che separa i «superflui» dai criminali: la «sottoclasse» e i «criminali» non sono altro che due sottocategorie degli esclusi, dei «socialmente inadatti» o addirittura degli «elementi antisociali», diversi gli uni dagli altri più per la classificazione sociale e per il trattamento ricevuto che per l’atteggiamento e la condotta. Proprio come le persone senza lavoro, i criminali (cioè quelli messi in prigione, incriminati e in attesa di giudizio, sotto il controllo della polizia, o semplicemente schedati dalla polizia) non sono più visti come esclusi momentaneamente dalla vita sociale normale e destinati a essere «ri-educati», «riabilitati» e «restituiti alla comunità» alla prima occasione, ma come individui emarginati in via permanente, inadatti a essere «riciclati socialmente» e destinati a rimanere a lungo lontano dai guai, separati dalla comunità dei cittadini rispettosi della legge.

*** Zygmunt BAUMAN, 1925 - 9 gennaio 2017, sociologo e filosofo polacco di origini ebraiche, docente emerito all’università di Leeds, Il demone della paura, La Repubblica-Laterza, 2014
https://it.wikipedia.org/wiki/Zygmunt_Bauman


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