Negli ultimi venti anni le donne hanno rappresentato la componente più dinamica e innovativa della società, quella che è cambiata di più, modificando la società stessa. Ma per decenni, insieme ad anziani e bambini, sono state invisibili nelle statistiche ufficiali. Invisibili, perché gli Istituti nazionali di statistica sono stati tradizionalmente economicocentrici. Se, infatti, il focus delle politiche era unicamente circoscritto a quelle economiche, analogamente, poco spazio veniva dato alle statistiche sociali e all’approccio di genere. L’attenzione era concentrata essenzialmente sul Pil, sulla popolazione attiva, soprattutto quella inserita nel mercato del lavoro, e costituita da uomini adulti; i bambini erano analizzati solamente in quanto nati e studenti, gli anziani come percettori di pensione, le donne come maggioranza della popolazione inattiva. Per molto tempo insomma, è stato dato poco spazio ai soggetti in quanto tali, come portatori di bisogni specifici, e alla qualità della loro vita.
Svolta
Nel quadro di una grande svolta a favore dello sviluppo delle statistiche sociali, a partire dagli anni 90, l’Istat ha investito sulle statistiche di genere, mettendo a disposizione un patrimonio informativo sempre più ricco e fondamentale per la progettazione di politiche di genere che ha fatto del nostro Paese una punta avanzata nell’applicazione della Piattaforma di Pechino. È proprio alla Conferenza mondiale delle donne di Pechino che, nel 1995, l’Italia si presenta con il volume Istat «Tempi diversi». Seguito nel 2004 da un nuovo rapporto e al quale si aggiunge oggi il nuovo volume «Come cambia la vita delle donne». (...)
*** Linda Laura SABBADINI, direttrice dipartimento Politiche Sociali Itat, Donne & Lavoro, Nord-Sud sempre più lontani, 'Corriere della Sera', '27^ ora', 14 marzo 2016
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