La proiezione è un fenomeno affascinante che a scuola difficilmente ci viene insegnato. E’ un trasferimento involontario del nostro comportamento inconscio sugli altri, in modo da farci credere che queste qualità in realtà appartengano ad altre persone. Quando siamo ansiosi riguardo alle nostre emozioni o ai lati inaccettabili della nostra personalità, per un meccanismo di difesa attribuiamo queste qualità agli oggetti esterni e agli altri. Se per esempio abbiamo scarsa tolleranza nei confronti degli altri, probabilmente è perché tendiamo ad attribuire loro il nostro stesso senso di inferiorità. Ovviamente c’è sempre un “gancio” che ci invita a compiere la proiezione; una particolare qualità imperfetta degli altri attiva alcuni aspetti del nostro io che rivendicano la nostra attenzione. Così qualunque cosa dell’io non riconosciamo come nostra viene proiettata sugli altri. Tutti noi vediamo solo ciò che siamo.
Mi piace pensare a questo fenomeno in termini di energia elettrica. Immaginate di avere un centinaio di prese elettriche differenti sul petto, e ognuna di esse rappresenti una qualità. Le qualità che riconosciamo e abbracciamo hanno un coperchio di protezione, perciò sono sicure: non sono percorse dalla corrente. Invece le qualità che ci creano problemi, quelle che non abbiamo ancora riconosciuto e fatto nostre, hanno carica elettrica. Così, quando si presentano individui che mettono in atto una di queste qualità, è come se essi inserissero la spina direttamente nella nostra presa. Se per esempio siamo a disagio con la nostra rabbia o la neghiamo, attireremo persone colleriche nella nostra vita, sopprimeremo il nostro personale senso di rabbia e sentenzieremo che gli altri sono collerici.
Dal momento che mentiamo a noi stessi riguardo ai nostri sentimenti più intimi, l’unico modo per ritrovarli è vederli negli altri: essi ci rimandano l’immagine riflessa delle nostre emozioni nascoste, e questo ci permette di riconoscerle e riappropriarcene. Istintivamente ci ritraiamo dalle nostre proiezioni negative: è più facile esaminare ciò da cui siamo attratti piuttosto che guardare ciò che ci ripugna. Se mi offendo della tua arroganza è perché non sto accettando la mia stessa arroganza. Si può trattare di un sentimento che senza accorgermene sto manifestando nella vita presente, oppure di arroganza che nego di poter manifestare nel futuro. Se la tua arroganza mi offende, devo rivolgere uno sguardo attento a tutte le aree della mia vita e devo pormi qualche domanda. Quando sono stato arrogante in passato? Mi sto comportando in modo arrogante nel presente? Potrei essere arrogante in futuro? Sarebbe certo arrogante da parte mia rispondere negativamente a tutte queste domande senza davvero esaminare me stesso o senza chiedere agli altri se abbiano mai visto in me atteggiamenti arroganti. L’atto di giudicare qualcun altro è arrogante, perciò ovviamente noi tutti siamo capaci di arroganza. Se abbraccio la mia stessa arroganza, quella altrui non mi potrà turbare: potrò notarla, ma non avrà alcun effetto su di me. (…)
E’ solo quando mentiamo a noi stessi o odiamo qualche aspetto del nostro io che riceviamo una scossa emozionale dal comportamento di qualcun altro. (…)
Se non fosse per il fenomeno della proiezione, (l’ombra) potrebbe rimanere nascosta per tutta la vita perché alcuni di noi hanno seppellito questi tratti quando avevano tre o quattro anni. (...)
Ciò che proiettiamo, se non lo possedessimo anche noi, non potremmo riconoscerlo nemmeno negli altri. (…)
Un vecchio detto dice: “Si riconosce solo ciò che si conosce”. Negli altri vediamo solo quello che ci piace o non ci piace di noi stessi. (…)
Non possiamo vedere noi stessi: dobbiamo avere uno specchio per farlo. Voi siete il mio specchio e io sono il vostro.»
*** Debbie FORD, 1955-2013, saggista e coach statunitenze, Illumina il tuo lato Oscuro, Macro Edizioni, 2012, p.56-70, citato in 'Jung Italia', 8 giugno 2014, qui
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