(...) Il pericolo più ovvio è lo stesso osservato dagli esperti di psicoanalisi negli Stati Uniti dopo l’11 settembre: l’istinto di chiudersi in casa, il rifiutarsi di uscire per guardare ossessivamente le notizie in tv, l’isolarsi dalla vita quotidiana. Il fenomeno, studiato con attenzione, riguardò migliaia di persone. Si cade in una sorta di “evitamento passivo”, si evita cioè la ripresa della normalità e si lascia spazio alla paura e all’ansia....
[D: Sembra il progetto del terrorismo così come lo stiamo conoscendo]
Non c’è dubbio. Il progetto dell’Isis è la paralisi dell’Occidente. Il piano è convincerlo della sua impotenza. Una vera guerra psicologica. L’obiettivo è bloccare l’economia che è alla base del nostro modello: in questo caso gli spostamenti legati agli affari, al turismo, allo studio, alla nostra vita quotidiana. L’aeroporto, la metropolitana. (...)
[D: Colpiscono i tempi, progettati in perfetto automatismo: l’arresto di Salah Abdeslam proprio a Bruxelles, immediatamente dopo l’atroce attentato]
Anche qui il messaggio è trasparente. Avete compiuto mille sforzi per arrestare Salah, avete mobilitato tutte le polizie d’Europa, lo avete cercato ovunque, finalmente lo avete trovato e tirate un sospiro di sollievo con l’illusione di averci fermati... Invece ecco qui la dimostrazione che ci siamo. Tutto questo suscita un’ondata di paura, direi soprattutto di ansia molto forte, di terrore.
[D: Lei distingue nettamente tra paura e ansia. In che senso?]
La paura è un’emozione motivata, nasce come reazione da una minaccia reale. Le bombe di Bruxelles hanno provocato una inevitabile paura collettiva. Ma poi, se non si controlla questa paura, si sfocia nell’ansia e nel terrore. Ovvero quella condizione in cui il timore è meno focalizzato su un dato oggettivo di realtà, e si allarga all’idea di un pericolo vasto, indistinto, non circoscritto. Quindi si vive in una condizione costante di allarme e di preoccupazione.
[D: Quali sono i meccanismi “tecnici” alla base di questo?]
Il nostro cervello è una macchina ben organizzata. L’ansia è prodotta dall’amigdala, una sorta di relè che scatta in condizioni di pericolo. Ed è la parte più “antica” del cervello umano rispetto all’evoluzione. Poi ci sono le parti più “recenti” destinate alla capacità di autocontrollo e di programmazione, cioè le zone frontali e prefrontali. In casi di forte stress emotivo come questo si crea uno squilibrio “a favore” dell’ansia. L’importante è riuscire a controllare tutto questo. (...)
*** Massimo AMMANITI, psicoanalista, professore universitario di psicopatologia dell'età evolutiva, intervistato da Paolo Conti, «Questa è l’era dell’ansia perenne. Il loro obiettivo è la nostra paralisi» 'Corriere della Sera, 22 marzo 2016
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