Le persone veramente competenti e abili nel ruolo di formatori manageriali sono tutto sommato poche, almeno per mia esperienza personale.
Uno dei motivi è che al manager, specie quello “alto”, facciamo richieste alle quali è straordinariamente impegnativo rispondere: possedere competenze in finanza, controllo di gestione, marketing, vendite, informatica, tecnologia, logistica, risorse umane, legislazione; essere padrone dell’arte strategica, del potere della persuasione, della negoziazione, del saper scrivere–ascoltare–parlare con grande efficacia; assumere la responsabilità dell’organizzazione e dimostrare le qualità della vera leadership: visione, passione, intuizione, tenacia, impegno, coraggio, sensibilità, carisma, etica, umiltà.
Ai manager chiediamo anche di essere nostri custodi e consiglieri, sempre attenti ai nostri problemi e bisogni. Ma veniamo al punto: si può certamente fare scuola di management, detta in altri termini, insegnare e imparare a fare il manager. Apprenderlo sul piano cognitivo, cioè conoscere e capire principi e strumenti, è un obiettivo didattico agevolmente conseguibile e certamente utile.
Applicare principi e strumenti in situazione, governare se stessi e gli altri è però tutto un altro paio di maniche. Vale, secondo me, il modello dell’apprendimento sportivo.
Aver studiato la biomeccanica dello sci e le caratteristiche della neve non fa di noi uno sciatore esperto.
Conoscere alla perfezione le tecniche di attacco e contrattacco nelle arti marziali non fa di noi un efficace combattente. (...)
*** Francesco MUZZARELLI, consulente e formatore, Vado a scuola da manager. Alla ricerca di competenze non solo per chi impara, ma anche e soprattutto per chi insegna, 'senzafiltro', 16 masrzo 2016
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