[Lettera a Furio Colombo: ... «come fanno a esistere ancora in Italia il caporalato e i braccianti da sfruttare a morte?» (Achille)]
Una risposta abituale e generica è il riferimento alle condizioni arretrate di un Sud diverso dall'Italia, dove una economia molto più povera e primitiva consente e anzi rende inevitabili forme semplici e antiche di lavoro.
Un'altra è che la massa di nuovi immigrati richiede forme di ingaggio immediate, e se sono provvisorie e scomode, pazienza, l'importante è che ci sia lavoro.
Nessuna delle due risposte corrisponde alla realtà. Il turismo del Sud è sviluppato e bene organizzato perché passa attraverso un corridoio di straordinaria bellezza naturale e di apprezzabile rinnovamento di case, alberghi, luoghi di accoglienza e di ristorazione, spiagge ben tenute, campagne che appaiono esemplari. Le strade sono per due terzi molto buone e mancano soltanto le ferrovie (infinitamente insufficienti) per rendere encomiabile lo sviluppo (per esempio) di Puglia e Calabria. Tutto ciò nasconde una seconda Italia del Sud che è agganciata al resto d'Europa solo dalla fornitura dei suoi buoni prodotti agricoli. E per il resto (vita e lavoro) resta nascosta in un passato antico e umanamente oltraggioso. Poiché il nostro territorio è un fitto reticolato di presenze elettive (comuni, exprovince, regioni, Parlamento) di presenze giurisdizionali (procure e tribunali anche in piccoli centri), di presenze amministrative (dai segretari comunali alle tre polizie) e di fonti di informazione (radio e televisioni locali), non resta che riconoscere la desolante inerzia o assenza o distrazione di strati diversi di cittadini, ciascuno investito di una responsabilità che non viene esercitata e che non controlla né la vita né la morte della parte più povera e debole (contadini senza terra e immigrati). Il caporalato esiste in una Italia reclusa e separata, dove devi pensare che non vi sia autorità e responsabilità su quello che accade, un vasto luogo senza regole, al di sotto di ciò che chiamavamo il "Terzo Mondo".
Trovo strano che la morte sotto il sole, in agosto,di quattro raccoglitori di pomodori (due stranieri, due italiani) non abbia creato rivolta. I sindaci, i presidenti di Regione sono i primi chiamati in causa. Ma anche le mancate denunce e inchieste di cui non abbiamo sentito parlare. Noi tutti, io mentre scrivo, voi mentre leggete, siamo cittadini di questa Italia in cui si muore di sole, fatica, di lavoro non sopportabili. Accettiamo di essere corresponsabili o cercheremo qualcuno, partito, volontariato, chiesa, movimento, aggregazione spontanea, per tentare insieme di non continuare a essere complici di questi delitti?
*** Furio COLOMBO, giornalista, saggista, già deputato e senatore, Nuova economia: braccianti usa e getta, rubrica 'a domanda rispondo', 'Il Fatto Quotidiano', 1 settembre 2015
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