Non so se capita anche a voi di trovarvi al bancone di un bar o al tavolino di un ristorante e volendo chiedere qualcosa al cameriere in sala (o al barista) questi è quasi sempre rivolto a voi di spalle. Lo chiamate, fate un cenno con la mano, ma lui passa fra i tavoli ed è sempre incredibilmente di schiena rispetto a voi, rendendo quindi inutile tutto quel vostro sbracciare e chiamare. hey, scusi… Mi scusiiii !!!
Che poi, non è che puoi fare tutto quel casino, lì, in mezzo alla sala di un ristorante.
Da un po’ di tempo, interagendo con manager e imprenditori mi sembra di essere in uno di quei bar o ristoranti, dove i camerieri sono tutti di schiena. Di schiena alle proposte, di schiena alla motivazione, di schiena alla partecipazione, di schiena alla creatività. Si allungano i tempi di risposta, le capacità decisionali, la voglia di creare percorsi. Nessuna voglia di mettersi in gioco, la curiosità sembra una qualità terminata.
Nella ricerca di personale, i candidati sono di schiena. E non parlo di neolaureati, ma di manager che devono ricollocarsi. Mi scrive un dirigente in risposta a un’offerta di lavoro (Project Director per un’azienda di interior design – costruzioni) che ho pubblicato qualche giorno fa:
Sono un dinamico e concreto dirigente “decisamente interessato” all’annuncio pubblicato per l’aderenza alla mia expertise, peraltro la gestione delle vendite e lo sviluppo d’impresa rappresentano delle skill acquisite nell’ambito della mia appassionata vita professionale. […]
Segue curriculum: Nessuna esperienza nel settore delle costruzioni, un’esperienza di amministratore delegato senza alcun progetto direttamente gestito/coordinato. Un profilo totalmente disallineato. Nonostante le due lauree il candidato ha usato la tecnica del “tentar non nuoce” tipica di qualsiasi neolaureato alle prime armi. Di schiena alla realtà.
Nella ricerca di fornitori e dunque di ottimizzazione dei costi e dei servizi, i responsabili acquisti sono di schiena. Mi rivela un mio conoscente che opera nei servizi IT, che nonostante proponga dei sistemi che farebbero risparmiare migliaia di euro l’anno a qualsiasi azienda, fa fatica anche solo a farsi passare una telefonata. Mi chiedo: non dovrebbe essere un compito dei Responsabili Acquisti anche incontrare periodicamente fornitori da valutare?
L’impressione generale è che ci sia una presa di distanze da qualsiasi tipo di decisione; a scanso di equivoci lascio immutato lo status quo e se qualcuno deve cambiare le cose, lo si faccia dai piani più alti. In questo modo vengono a mancare tutti i riferimenti intermedi che permetterebbero ad un’azienda di fare grossi miglioramenti grazie al contributo di ogni elemento della catena.
“Mi sto guardando intorno perché la mia azienda non mi fa crescere”. In questa frase c’è l’immenso dualismo, da una parte dei responsabili del personale di schiena, che valutano percorsi formativi solo se obbligatori (sicurezza 626, infortuni sul lavoro, formazione tecnica per usare meglio una macchina) ma sono sempre in riunione se vuoi proporre loro, anche gratuitamente, di valutare un percorso di vera formazione manageriale. Dall’altra parte ci sono i dipendenti, che lamentano una mancanza di sviluppo professionale, a patto che termini entro le 16.00 del venerdì e assolutamente mai di sabato! E comunque, sempre a costo dell’azienda. Come dice il mio amico Roberto dopo un tentativo fallito di mettere insieme 15 persone in un’aula: Stupisce come, in genere, la gente concepisca la crescita personale come qualcosa che, se non te la da l’azienda, non valga la pena investirci e si preferisca spenderli in un cellulare…
Manager di schiena quelli che per anni non si sono mai interessati a creare un network, una rete di salvataggio, un bacino di relazioni con cui confrontarsi nel momento della quiete per essere preparati oggi, durante la tempesta. Li vedi affrettarsi a riempire alla carlona dei profili su Linkedin e a spammare autoreferenze in cerca di una nuova sfida. Ma la nuova sfida non è quando l’azienda li ha lasciati a casa. Ora sono in cerca di un nuovo lavoro.
A quest’ultima categoria appartengono tutti i precedenti: manager che mai avrebbero pensato di scendere dall’auto aziendale, frequentatori solo di circoli e associazione di categoria autoreferenziali quanto aride di confronto e di diversità, oggi costretti a elemosinare un incontro proprio con coloro a cui per anni non ne hanno mai concesso uno. Solisti di schiena costretti a inventarsi un futuro senza aver messo le basi umane e sociali per potersi permettere oggi un’affinità con altri sfortunati, che permetterebbe loro di ricreare una micro-azienda, di mettere a regime delle competenze differenti e costituire un nucleo professionale. O quanto meno farli sentire meno soli e più forti. Ma sono stati di schiena per tutti questi anni e non hanno creato le relazioni opportune per conoscere nuovi compagni di avventura, oggi che l’avventura è cambiata.
Ma poi, non è che si poteva fare tutto quel casino, lì in mezzo al ristorante.
*** Osvaldo DANZI, esperto di risorse umane e social media recruiting, Manager come camerieri. Di schiena, 'senzafilto', 8 aprile 2015, qui
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