Giovanni SARTORI, "La corsa verso il nulla", Mondadori, 2015
pagine 105, € 15,00, ebook € 9,99
Un liberale 'antico', Giovanni Sartori. E sempre più 'antiquato': se è vero che in Italia perdura l'assenza di intellettuali conservatori, e non reazionari, dal pensiero colto, fine e intelligente.
Non ho la visione del mondo dell'autore, perché mi posiziono in un altro campo ideologico, ma da anni seguo e apprezzo, soprattutto quando dissento, i suoi numerosi articoli e saggi. E qui, in questo volumetto, ritrovo il taglio seducente del suo argomentare pacato ma netto, la sua capacità franca e radicale di affermare anche posizioni fuori dal coro con chiarezza espositiva mirabile, sempre percorsa dal filo di quell'ironia e di quell'arguzia che sono una sua cifra inconfondibile.
E' sempre più difficile trovare, nella disperante spensieratezza del presente, chi sa pensare, e non importa in questo caso il colore dei pensieri: quando avviene, giù il cappello.
Il libro è breve: poco più di un centinaio di pagine.
E sono pagine che, volendo pappagallare il titolo (La corsa verso il nulla), si leggono davvero di corsa, anche se l'approdo non è 'al nulla', ma soltanto (e dici poco) a qualche riflessione non scontata, e non necessariamente condivisa con l'autore, su alcuni dei temi chiave del vivere e del convivere, cari alla sua ricerca.
Sono questioni note, ma sempre attuali; e che qui vengono rinfrescate e riprodotte con quello stile agile ma mai superficiale che il lettore di Sartori conosce: dalla democrazia ai sistemi elettorali, dalle religioni monoteistiche al laicismo, dalla immigrazione alla multiculturalità, dall'islamismo al terrorismo, dall'embrione alla persona.
Colpisce l'abilità di intrecciare più chiavi di analisi: se la politologia è infatti l'occhiale che ha reso celebre l'autore anche negli Usa, da tempo si sono mescolate, con una sinergia efficace, altre chiavi, come la storia, la filosofia, la sociologia.
Il risultato, anche in questo volumetto, è una lettura amabile, sapiente, allettante. A conferma che si possono trattare problemi complessi anche con semplicità accattivante, senza cadere nel facile e disonesto semplicismo riduttivista e senza perdere il registro 'alto' che deve restare proprio di un approccio 'colto' alla realtà.
*** Massimo Ferrario, per Mixtura
«
Chi esce dal sonno dogmatico dell’ideologismo si deve ricredere: è falso che il cambiamento debba essere – per essere – rivoluzionario, e che sia tanto più rivoluzionario quanto più violento. Ed è altrettanto falso che le rivoluzioni, per giungere al loro compimento, debbano essere rivoluzioni «estese», rivoluzioni a lunga durata di violenza. Semmai è vero il contrario, e cioè che a maggior violenza – sia in intensità sia in durata – corrisponde solo maggiore danno e maggiore distruzione. I mezzi condizionano il fine e, alla lunga, s’impadroniscono del fine. La rivoluzione che non finisce mai è la violenza che non finisce mai. E la violenza che non finisce mai è la cattiva società. La dissennata ubriacatura rivoluzionaria del secolo scorso misurava la rivoluzione con il sangue: tanto più sangue, tanto più autentica è la rivoluzione. La verità è che le rivoluzioni creative hanno quasi sempre versato pochissimo sangue: è il caso della Gloriosa Rivoluzione inglese, della Rivoluzione francese fino al Terrore (che ne costituì il suicidio), delle rivoluzioni del 1848; insomma, delle rivoluzioni sbloccanti. (Giovanni Sartori, La corsa verso il nulla, Mondadori, 2015)
»
Sempre nel blog Mixtura, altri contributi di Giovanni Sartori qui
Nessun commento:
Posta un commento