venerdì 13 marzo 2015

#RITAGLI / Scuola pubblica e scuole private (C. Augias, P. Calamandrei)

Tralasciamo i diplomifici dove si ottiene, pagando, il famoso 'pezzo di carta' che non vale niente. Le scuole confessionali, comunque siano sovvenzionate, violano la Costituzione non solo per la famosa questione degli 'oneri' (°) che lo Stato non dovrebbe sopportare. Argomento gravissimo, intendiamoci, se si pensa alle condizioni materiali in cui è ridotta la scuola pubblica, a cominciare per esempio dall'umiliante questione della carta igienica. Esiste un'altra serissima ragione esposta con una certa solennità nei primi due commi del famoso art. 33: «L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento. - La Repubblica detta le norme generali sull'istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi». Lì è la questione, non solo nei soldi. La Costituzione dice che compito primario dello Stato è dare un indirizzo generale - cioè politico nel senso alto e forte del termine - all'istruzione, garantendo a chi insegna il diritto di poterlo fare liberamente. Già aver mantenuto la religione cattolica nelle scuole pubbliche - con insegnanti scelti dai vescovi - equivale a un catechesi che in uno Stato laico non ha motivo di essere; nelle scuole confessionali si arriva all'obbligo di attenersi ad un'unica possibile verità fissata per dogma. Quando si parla di 'buona scuola' bisognerebbe considerare questi aspetti.
*** Corrado AUGIAS, giornalista, saggista, scrittore, I finanziamenti agli istituti privati, estratto, rubrica 'lettere', 'la Repubblica', 13 marzo 2015 - (°) Art. 33, 3° co., Cost.: «Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato.»

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... Facciamo l'ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la Costituzione, non la vuole violare in sostanza. Non vuol fare la marcia su Roma e trasformare l'aula in alloggiamento per i manipoli; ma vuol istituire, senza parere, una larvata dittatura. Allora, che cosa fare per impadronirsi delle scuole e per trasformare le scuole di Stato in scuole di partito? Si accorge che le scuole di Stato hanno il difetto di essere imparziali. C'è una certa resistenza; in quelle scuole c'è sempre, perfino sotto il fascismo c'è stata. Allora, il partito dominante segue un'altra strada (è tutta un'ipotesi teorica, intendiamoci). Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle. Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole private. Non tutte le scuole private. Le scuole del suo partito, di quel partito. Ed allora tutte le cure cominciano ad andare a queste scuole private. Cure di denaro e di privilegi. Si comincia persino a consigliare i ragazzi ad andare a queste scuole, perché in fondo sono migliori si dice di quelle di Stato. E magari si danno dei premi, come ora vi dirò, o si propone di dare dei premi a quei cittadini che saranno disposti a mandare i loro figlioli invece che alle scuole pubbliche alle scuole private. A 'quelle' scuole private. Gli esami sono più facili, si studia meno e si riesce meglio. Così la scuola privata diventa una scuola privilegiata. Il partito dominante, non potendo trasformare apertamente le scuole di Stato in scuole di partito, manda in malora le scuole di Stato per dare la prevalenza alle sue scuole private. Attenzione, amici, in questo convegno questo è il punto che bisogna discutere. Attenzione, questa è la ricetta. Bisogna tener d'occhio i cuochi di questa bassa cucina. L'operazione si fa in tre modi: ve l'ho già detto: rovinare le scuole di Stato. Lasciare che vadano in malora. Impoverire i loro bilanci. Ignorare i loro bisogni. Attenuare la sorveglianza e il controllo sulle scuole private. Non controllarne la serietà. Lasciare che vi insegnino insegnanti che non hanno i titoli minimi per insegnare. Lasciare che gli esami siano burlette. Dare alle scuole private denaro pubblico. Questo è il punto. Dare alle scuole private denaro pubblico». 
*** Piero CALAMANDREI, 1889-1956, giurista e politico, fondatore del Partito d’Azione e padre della Costituzione, Discorso al III Congresso dell’associazione a difesa della scuola nazionale, Roma, 11 febbraio 1950.


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