Aeroporto di Brindisi. 5 di mattina dopo un trasferimento di un’ora e mezza dal sud profondo della Puglia. Mi dirigo famelico al bar con un solo pensiero in testa: colazione. Arrivo davanti al bancone illuminato da neon accecanti, è pieno di lieviti di ogni genere, ma non c’è nulla di salato. Da sapere: per me l’unico vero cibo di conforto, soprattutto nelle alzatacce è il salato. Panini, pizze, rustici, tramezzini, toast, qualsiasi cosa purché non sia dolce. So che molti storceranno il naso, ma per me è così. Di fronte a questo bancone zuccheroso penso a quanto siamo provinciali in Italia in cui a colazione è tutto un “cornetto o saccottino” e non si contemplano minimamente le possibilità salate che nel resto del mondo sono la normalità.
Mentre faccio questo pensiero pieno di sdegno internazionalista, vedo un tizio straniero col cappello di paglia che davanti a me ha appena ordinato tre cornetti vuoti e si è fatto consegnare un coltello. Incuriosito lo osservo: poggia i cornetti sul bancone, si toglie una spalla dello zaino, se lo porta davanti e, dopo aver aperto la zip, tira fuori qualcosa da dentro una busta. È un salame! Lo scarta, prende il coltello e con cura taglia cinque o sei fette. Poi apre ciascun cornetto, lo riempie con il salame e infine ripone nello zaino ciò che rimane dell’insaccato. Prende i tre cornetti imbottiti e li porta al tavolo dove lo aspettano una donna e un bambino.
Mentre li guardo addentare felici la loro colazione salata autoprodotta ho l’illuminazione: non è il provincialismo italiano a non offrirmi il giusto nutrimento mattutino, sono io che non sono abbastanza internazionale da essermi dotato di salame da viaggio. Lo chiamerò il #salamependolare: da oggi smetterò di lamentarmi per la colazione che non mi offre il sistema, sarò io a metterci ciò che manca. Che poi credo sia anche un qualche insegnamento valido per la vita.
#diariopendolare
*** Bruno MASTROIANNI, filosofo, esperto di comunicazione, facebook, 9 agosto 2018, qui
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