I pregiudizi, cioè i giudizi sulla realtà formulati prima del ragionamento o dell’esperienza, oggi sono quasi una parolaccia. Eppure, sono grandi amici dell’uomo. Lo sono perché ci aiutano ad avere sintesi organizzate del mondo pronte a essere utilizzate per capirlo e per capirsi. Certo, i loro effetti possono essere negativi, ma la loro genesi fa parte di una dinamica ordinaria del nostro modo di conoscere. Di fronte alla complessità, l’uomo tende ad affidarsi alle risorse che ha disposizione: ciò che già conosce. Sono i pregiudizi cognitivi di cui tutti siamo dotati: tendiamo ad avere visioni semplificate di cosa è il mondo per poter rispondere al sovraccarico informativo, farlo velocemente, riuscendo a interagire con persone anche molto distanti e cercando di dare un senso a ciò che pensiamo.
Se non li avessimo, avremmo bisogno di troppo tempo e troppe energie per studiare a fondo ogni minima questione prima di averne un’opinione adeguata. I pregiudizi ci fanno da linee guida orientative, tutto sta alla nostra capacità di servircene con un po’ di distacco, sapendo cioè metterli sempre alla prova per vedere se possono essere rivisti, migliorati e non dati per assodati come fossero definitivi. La “produttività del comprendere” sta proprio in questo costante processo di sostituzione di pre-concetti con concetti più adatti e adeguati a mano a mano che li incontriamo nel nostro ragionare sulla realtà.
*** Bruno MASTROIANNI, filosofo, esperto di comunicazione, La disputa felice, Franco Cesati Editore, 2017. Anche in facebook, qui
Silvana BARONI
psichiatra, scrittrice, disegnatrice
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