Arrovellarsi è un’attività sterile e fine a sé stessa, che non giunge mai a una meta ragionevole. Non è un lavoro, ma una debolezza e addirittura un vizio. Tuttavia, specialmente quando non ci si sente a posto, è pienamente legittimo fare di sé stessi l’oggetto di una seria indagine, come è possibile esaminare seriamente la propria coscienza senza con questo cadere nel lassismo morale. Chi è nei guai con sé stesso, chi sente di avere bisogno di migliorare, chi – in breve – vuole “crescere”, deve assolutamente fare i conti con sé stesso. Se la persona non si modifica anche internamente, i cambiamenti esterni della situazione sono irrilevanti o addirittura dannosi. Non basta che uno salti su, si dia un tono solenne e proclami: “Mi assumo la responsabilità!” In un caso del genere, non solo gli altri, ma anche il destino vorrebbe sapere chi promette questo grande passo e se è qualcuno che è anche in grado di assumersi la responsabilità. Di parlare, com’è noto, sono capaci tutti. Non è l’incarico che fa l’uomo, ma è l’uomo che crea il suo lavoro. Cercare di conoscere sé stessi, magari con l’aiuto di una o più persone, è perciò – o piuttosto dovrebbe essere! – l’indispensabile premessa per assumersi un dovere più alto, fosse anche solo quello di realizzare il senso della vita individuale nella miglior forma possibile e nella dimensione più ampia possibile; quel che la natura fa sempre, ma senza quella responsabilità, che invece è il compito divino e ineludibile dato in sorte all’uomo.
*** Carl Gustav JUNG, 1875-1961, medico e psicoanalista svizzero, fondatore della psicologia analitica, Un colloquio con Carl Gustav Jung sulla psicologia del profondo e la conoscenza di sé, in La vita simbolica, Opere 18, Bollati Boringhieri, edizione digitale, 2015
https://it.wikipedia.org/wiki/Carl_Gustav_Jung
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