Ci sono opinioni di pancia che a volte ho, e che io stessa mi vergogno di avere. Sono quelle prese di posizione istintive, non ponderate, che al massimo mi dico tra me e me la mattina allo specchio del bagno mentre mi lavo i denti, avendo appena sentito una notizia di cronaca magari confezionata a bella posta in modo da farmi salire il nervoso o il senso di ingiustizia.
Non le ripeto ad alta voce ad altri, e men che meno le andrei a pubblicare su un social network, alla mercé di un bacino di lettori potenzialmente infinito. Non per vergogna delle mie stesse idee, o per paura dell'opinione altrui. Ma perché sono opinioni talmente schifose, talmente bestiali, che subito dopo averle formulate nella mia testa, già mi ravvedo e mi rendo conto di stare sbagliando; di avere, per un momento, perso la presa sulla mia umanità.
Questo mi porta a formulare alcune osservazioni.
- La prima è che credo che nessuno di noi debba dimenticare di avere una "parte cattiva" primordiale, istintiva, che necessita di venire gestita.
- La seconda è che, vivendo in società, è auspicabile che ci sia un filtro tra le cose che possiamo pensare istintivamente e quello che professiamo in pubblico, nell'ottica di una convivenza per quanto possibile civile. Il che non vuol dire esibire una "facies publica" completamente diversa dalla "facies privata" (alla American Psycho, per intenderci), ma semplicemente mettere in atto una "autogestione" della propria inevitabile parte cattiva.
- La terza è che sarebbe meglio soprassedere alla retorica dei "cattivi dei social", che non sono gli altri, ma potremmo essere anche noi stessi, se non che molti si fermano un momento prima di premere "invio" sulla tastiera (ma non per questo non hanno mai idee opinabili).
Mi sto convincendo che la maggior parte dei cosiddetti "hater" (tranne una parte di troll che proprio si diverte così, bontà loro) sia fatta di persone che questa necessaria gestione della parte cattiva non riescono, per qualche motivo, a metterla in pratica. Per poca educazione civica, disinteresse, menefreghismo, solipsismo, ma soprattutto paura.
E la paura, si sa, non fa mai ragionare in maniera serena (anche se in certi frangenti è utilissima, intendiamoci).
*** Vera GHENO, linguista, 'facebook', 11 agosto 2017, qui
In Mixtura ark #SenzaTagli qui
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