«Ho una storia per te, Irv. Torna a sederti e lascia che ti racconti del coyote e della locusta».
Sapeva che adoravo le storie, specialmente le sue. Mi misi in ascolto, carico di aspettativa.
C’era una volta un coyote che si sentiva sopraffatto dallo stress della propria esistenza. Tutto quello che riusciva a vedere erano troppi cuccioli affamati, troppi cacciatori, troppe trappole. Così un giorno se ne scappò via per stare da solo. All’improvviso sentì le note di una dolce melodia, che infondeva benessere e una grande pace. Seguendo il canto, raggiunse uno spiazzo nella foresta e si imbatté in una grossa locusta che cantava mentre si scaldava al sole su un tronco cavo.
«Insegnami la tua canzone» chiese il coyote alla locusta. Nessuna risposta. Il coyote tornò a chiederle di insegnargli la canzone, ma la locusta se ne rimase zitta. Alla fine, dopo che il coyote ebbe minacciato di mangiarla in un boccone, la locusta si arrese e continuò a cantare la sua dolce canzone finché il coyote non l’ebbe imparata a memoria. Canticchiando la canzone, il coyote si avviò per fare ritorno dalla sua famiglia. All’improvviso uno stormo di oche si alzò in volo e lo distrasse e, quando fu tornato in sé, aprì la bocca per rimettersi a cantare, ma scoprì che aveva dimenticato la canzone.
Così fece ritorno allo spiazzo assolato nella foresta. Ma a questo punto la locusta aveva fatto la muta e aveva lasciato la pelle vuota al sole, sul tronco cavo, volando sul ramo di un albero. Il coyote non stette a perder tempo: desideroso di avere la canzone dentro di sé per sempre, in un solo boccone inghiottì la pelle della locusta, pensando che l’insetto fosse ancora al suo interno. Avviandosi verso casa, scoprì nuovamente di non sapere la canzone e si rese conto di non poterla imparare dalla locusta ingerita. Avrebbe dovuto farla uscire dal proprio corpo, per poi costringerla a insegnargli la canzone.
Così prese un coltello e si tagliò l’addome per liberarla, ma il taglio fu così profondo che morì.
«E così, Irv» disse Paula, offrendomi il suo adorabile sorriso, sporgendosi per prendermi la mano e poi sussurrarmi in un orecchio, «devi trovare la tua canzone e cantarla».
*** Irvin D. YALOM, 1931, psichiatra, psicoanalista, docente universitario, scrittore, saggista statunitense, Il senso della vita, 1999, Neri Pozza, 2016
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