Si era risvegliato dolcemente, un po' perché un raggio di sole cominciava a baluginargli in faccia facendosi luce tra i rami, ma soprattutto perché sentiva uno strano prurito proveniente dalla lunga barba.
Appena socchiusi gli occhi, lo aveva visto a pochi centimetri, posato sul petto, ma con il peso impercettibile di una piuma: impassibile, continuava a becchettare tra i peli del mento, per nulla preoccupato delle sue possibili reazioni.
Non era la prima volta che gli capitava: evidentemente gli uccellini, rassicurati dall'aspetto tenero e abbandonato del suo corpo, nonostante i due metri d'altezza che apparivano imponenti anche quando giacevano lunghi e distesi sotto l'ombra di un albero a riposare, sentivano non solo di potersi fidare, ma subivano un qualche irresistibile fascino che li spingeva a entrare in contatto fisico con quell'omone.
La bambina stava osservando la scena da qualche minuto, in piedi a pochi metri di distanza: quasi trattenendo il fiato per non turbare la magia.
Percorreva tutte le mattine quel sentiero per raggiungere la spiaggia: come ogni giorno, prima si sarebbe sdraiata al sole di quei giorni di tarda primavera, ancora miti rispetto ai futuri bollori estivi, magari leggendo il libro preferito che si portava sempre appresso; e poi, dopo una breve nuotata che l'avrebbe rinfrescata e tonificata, sarebbe tornata al villaggio ad aiutare la mamma nelle faccende domestiche: ripulire la capanna, preparare da mangiare.
L'uomo, sorridendo all'uccellino e fissandolo con dolcezza, dopo essersi stropicciato gli occhi sempre con lentezza estrema per non spingere la bestiolina a volare via, avvicinò con cautela le mani al capino dell'animale per accarezzarlo: lui lo lasciò fare, senza mostrare alcuna paura, accogliendo con godimento il leggero tocco affettuoso, mentre continuava a punzecchiargli la barba.
La bambina era rapita dalla scena e fu invasa da un sentimento dolce, mai provato: di pace e di unione, quieta e serena, con la natura e il mondo intero.
Tratteneva il respiro: si sentiva un'intrusa.
Poi, all'improvviso, l'uccellino estrasse il becco dalla barba dell'uomo, smettendo di produrre quella specie di solletico piacevole che gli aveva interrotto il sonno. Guardò intensamente per qualche secondo l'omone, strofinò il capino sotto il mento come volesse salutarlo, e spiccò il volò.
Lui si alzò subito per seguire meglio la traiettoria nell'azzurro del cielo, ma fu un attimo e l'uccellino era già scomparso alla vista.
Fu allora che l'omone notò la presenza della bambina.
Nello sguardo, intenso e prolungato, che si scambiarono prima di salutarsi, ambedue provarono una sensazione particolare, come si conoscessero da sempre e lui non fosse uno straniero che per la prima volta arrivava da quelle parti.
E fu una mattina tutta diversa dal solito: niente sole sulla spiaggia, niente libro e niente nuotata in mare. Solo tante parole, seduti all'ombra di un grande albero: per dirsi chi erano e raccontarsi tutto ciò che avevano voglia di raccontarsi.
Fu così che la bambina venne a sapere che il forestiero veniva da lontano: non aveva una meta, ma andava dove l'anima gli suggeriva di andare, vagabondando per il mondo.
E l'omone venne a sapere che il villaggio dove abitava la bambina da mesi viveva un clima pesante e negativo: le poche capanne che lo costituivano, un tempo unite da un sentimento di fratellanza e solidarietà che rendeva le persone aperte e disponibili all'aiuto reciproco, avevano ormai rinserrato porte e cancelli e un'atmosfera di diffidenza e sospetto aveva preso il sopravvento.
«Colpa di una capra», aveva spiegato la bambina.
«Di una capra?», aveva domandato incuriosito il forestiero.
«Dal villaggio che sta ai piedi della montagna, a molti chilometri da qui, sono giunte recentemente famiglie nuove, attratte dalla nostra vicinanza al mare e dal clima più temperato di cui noi godiamo tutto l'anno. Dopo poco tempo dal loro arrivo, qualcuno ha detto che gli era sparita una capra dal recinto accanto alla sua capanna. Nessuno sa se è vero. Ma così si continua a credere. E sono cominciate le accuse reciproche tra le famiglie: prima tutti hanno sospettato dei nuovi arrivati, poi tutti hanno cominciato a sospettare di tutti. Così si sono perse amicizia e allegria. Fino a qualche mese fa organizzavamo feste: si preparavano tavolate e si mangiava insieme all'aperto, cantando, suonando ballando. Ora non più».
Il forestiero sorrise: adesso finalmente aveva capito perché da una settimana era in viaggio verso questo villaggio che neppure avrebbe saputo collocare su una carta geografica.
«Ecco», disse la bambina guardandolo in faccia. «Tu sorridi. Noi invece abbiamo dimenticato come si fa.»
L'uomo cercò di rimediare, rendendosi conto che la bambina poteva essersi offesa: avendo interpretato il suo sorriso come svalutazione di ciò che lei gli aveva raccontato in modo tanto accorato.
«Ti chiedo scusa, bambina. Forse ti ho dato la sensazione di voler minimizzare il tuo dolore per quanto sta accadendo al villaggio. Ma non è così, te l'assicuro. Anzi, forse...».
La bambina si aggrappò a quei puntini di sospensione.
«Forse...?»
«Niente. Mi pare sia giunta l'ora di pranzo. E' tutta mattina che parliamo e la mamma ti aspetta: sarà anche preoccupata. Se mi guidi alla tua capanna, spiegherò io perché hai fatto tardi e me ne assumerò la responsabilità: così sgriderà me e non te.»
Stavolta fu la bambina a sorridere.
E insieme, a passo svelto, presero il sentiero per il villaggio.
La mamma, come si poteva prevedere, li accolse con modi bruschi, seccata per l'ora tarda in cui la bambina si presentava e un po' diffidente nei confronti di quello strano accompagnatore.
Il forestiero, come promesso, si assunse la colpa del ritardo, dando pienamente ragione ai rimproveri della donna.
Si presentò dicendo che era in viaggio da settimane e che era desideroso di conoscere la gente di questo villaggio.
La donna guardò l'uomo e fu colpita dalla sua bellezza: emanava un fascino magnetico, cui era impossibile resistere.
Il forestiero ne era consapevole.
Proseguì.
«Per cercare di farmi perdonare, mi offro di preparare da mangiare per te e per tutta la tua famiglia. Sono un cuoco esperto, perché ho un segreto che nessuno ha. So cucinare una minestra che ha due caratteristiche: è la migliore in assoluto per bontà ed è capace di mettere allegria a chiunque la assaggi. Una minestra unica: che tu e la tua famiglia non avete mai mangiato. Non hai che da mettermi alla prova...».
La donna tentennava: da una parte voleva dirgli di sì, dall'altra non sapeva se davvero poteva fidarsi.
Una minestra unica, mai mangiata?
E come mai poteva essere cucinata una minestra così?
Comunque doveva decidersi: tra poco il marito sarebbe tornato dal campo e non c'era ancora nulla in tavola.
La bambina tirò la gonna alla mamma: non c'era bisogno di parole per capire il suggerimento.
La donna tentò un'ultima resistenza:
«Ma chissà quante cose ci vogliono per cucinare una ministra simile. Io sicuramente al momento non ho tutto quello che serve.»
«Ma chissà quante cose ci vogliono per cucinare una ministra simile. Io sicuramente al momento non ho tutto quello che serve.»
Il forestiero si affrettò a tranquillizzarla.
«Avremo tutto ciò di cui ci sarà bisogno. Per il momento mi serve solo una pentola. La più grande che avete. E dell'acqua. Ho visto che qui fuori c'è un pozzo: l'acqua sarà certamente fresca e pura.»
Entrarono nella capanna.
L'omone aprì lo zaino che si portava sempre dietro: rovistò in mezzo al disordine.
«Perfetto. Ecco ciò da cui partire».
La donna e la bambina videro che in mano teneva un grosso sasso.
Ambedue, all'unisono, ripeterono, sbalordite:
«Un sasso?»
L'omone ridacchiò.
«Già. Un sasso. E' essenziale. Senza questo non c'è minestra. Ora lo laviamo bene sotto l'acqua e lo immergiamo nella pentola. Poi accendiamo e portiamo tutto a bollore.»
La donna protestò.
«Ma è un semplice sasso. Che sapore vuoi che riesca a dare a una minestra? Mi stai prendendo in giro?»
Il forestiero scosse la testa.
«Sono serissimo. Lo so che sembra incredibile. Ma questo non è un sasso comune. E' un sasso miracoloso. E' di una pietra particolare che ho scoperto anni fa nella cava abbandonata di una montagna molto lontana da qui. Ne ho altri simili, che porto sempre con me per occasioni importanti come questa.»
Prese con delicatezza il sasso e lo depositò nella pentola piena d'acqua.
«Ecco, ora attendiamo che l'acqua bolla. Poi vedrete.»
Prese con delicatezza il sasso e lo depositò nella pentola piena d'acqua.
«Ecco, ora attendiamo che l'acqua bolla. Poi vedrete.»
La donna stava pentendosi di aver ceduto alla proposta dello sconosciuto: cominciò a pensare di avere a che fare con uno poco sano di mente.
Uscì di corsa dalla capanna e si precipitò a cercare le donne delle capanne vicine per comunicare loro della visita dello straniero e di quanto le stava accadendo.
«Un sasso, capite? Vuole fare la minestra con un sasso. Venite a vedere...».
«Un sasso, capite? Vuole fare la minestra con un sasso. Venite a vedere...».
In pochi minuti, anche grazie al passaparola, metà villaggio era radunata fuori dalla capanna in cui il forestiero stava facendo bollire il sasso.
A turno entravano nella capanna, si avvicinavano al fornello e guardavano nella pentola.
Dentro, solo un sasso.
Finalmente si sollevò il bollore.
Il forestiero prese un cucchiaio e lo immerse nell'acqua per poi portarselo alle labbra.
Tutte le donne attendevano la reazione.
L'omone emise un gridolino.
«Una delizia, ve l'assicuro. Sarà una delle migliori zuppe. Ora mancano solo delle patate.»
Una donna, fino a quel momento la più attenta e curiosa, prima, incredula e sconcertata, guardò il forestiero tutto intento a girare l'acqua con il mestolo, poi buttò lo sguardo sulle altre che assistevano stranite e non osavano dire nulla.
Quindi decise di stare al gioco.
«Delle patate? Ne debbo avere nella capanna già pronte per il pranzo. Le vado a prendere.»
Quando tornò, il forestiero ringraziò, mise nella pentola le patate e aspettò qualche minuto.
Quindi provò un secondo assaggio.
Dal gesto che fece, asciugandosi la bocca, sembrava contento.
«Non male, direi, proprio non male. Ci vorrebbe solo un pochino di carne e il brodo avrebbe un sapore perfetto.»
Un'altra donna si offrì di andare alla capanna per recuperare della carne pronta per essere cucinata per il pranzo.
«Un secondo e arrivo. Dovrei avere anche un bell'osso, grasso e cartilaginoso: io lo aggiungo sempre alla carne perché è fondamentale per avere un buon brodo.»
Tutte assentirono.
E il forestiero si complimentò particolarmente per l'idea dell'osso.
Quando la donna rientrò, il forestiero, sempre profondendosi in ringraziamenti, immerse carne e osso nella pentola.
Ogni tanto girava con il mestolo.
Al terzo assaggio, il viso dell'omone si aprì in un sorriso compiaciuto.
Quindi, sempre rivolto alle donne che lo attorniavano, commentò:
«Se qualcuna ha sale e salsa, è il momento giusto...».
La mamma della bambina prese un manciata di sale e un cucchiaio di salsa.
Il forestiero fece cenno di versare tutto nella pentola e mescolò ripetutamente.
Quindi riassaggiò.
Le donne, attorno, attendevano il responso.
«Ci siamo. Adesso ci vorrebbero delle verdure. Tutte quelle che avete. Di ogni tipo. Immagino che non mancheranno nelle vostre capanne. Più sono varie e più saporita risulterà la zuppa. Poi basterà lasciar cuocere per una decina di minuti.»
Ci fu una gara a procurare ogni genere di verdura e ci furono da parte dell'uomo ripetuti ringraziamenti e sorrisi per tutte.
La zuppa si era fatta densa.
Il forestiero rimescolava con pazienza.
Lasciò passare il tempo giusto, poi spense il fuoco.
«Come avete visto, la pentola è molto grande: mi pare l'ora giusta, avrete fame, ma ci sarà minestra per tutti. Ho visto che fuori dalla capanna c'è uno spazio ampio per sistemare più tavoli. Avvicinateli in modo da comporre una tavolata unica. Chiamate i vostri uomini e i vostri figli. Cominciate a sedere e mettete le scodelle davanti a ognuno di voi. Passo io a servire tutti.»
Così avvenne.
Da tempo al villaggio non gustavano una minestra così buona.
E da tempo non si trovavano insieme a mangiare con tanto gusto e tanta allegria.
Uomini, donne e bambini provavano una strana contentezza: chiacchieravano, scherzavano, ridevano, dandosi pacche sulle spalle e dimenticando le cose brutte che ognuno, da qualche mese, pensava dell'altro.
Il forestiero approfittò della confusione per abbandonare silenziosamente la capanna.
Se ne accorse solo la bambina.
Si sorrisero, con complicità, mentre lui da lontano le mostrava il sasso miracoloso.
Le strizzò l'occhio, quando le fece vedere che non se lo portava via, ma lo lasciava nella pentola.
Forse non avrebbero avuto più bisogno di usarlo.
Ma, nel caso si dimenticassero, poteva sempre servire per ricordare come avevano ottenuto il miracolo della minestra più buona del mondo.
*** Massimo Ferrario, Il forestiero e il sasso miracoloso, 2017, per Mixtura. Rielaborazione creativa di un racconto diffuso da più autori, anche da Anthony de Mello, Il sasso per la minestra, in La preghiera della rana, vol. II, 1989, Edizioni Paoline, 1992.
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