Da tre anni, due aziende, una italiana e una giapponese, hanno deciso di sfidarsi annualmente in una gara di canoa, con un equipaggio di otto uomini.
Il primo anno entrambe le squadre si allenarono assiduamente e quando arrivò il giorno della gara ciascuna squadra era al meglio della forma.
I giapponesi però vinsero con un vantaggio di oltre un chilometro.
Dopo la sconfitta, il morale della squadra italiana era a terra.
Il top management dell’azienda italiana decise che assolutamente si sarebbe dovuto vincere l’anno successivo e mise in piedi un gruppo di progetto per analizzare il problema.
Il gruppo di progetto fece molte indagini e raccolse molti dati: intervistò tutti i componenti della squadra, ricostruì la storia degli allenamenti, valutò il tipo di preparazione seguita, indagò sulle motivazioni profonde di tutti.
Alla fine scoprì che i giapponesi avevano sette uomini ai remi e uno che comandava, mentre la squadra italiana aveva un uomo che remava e sette che comandavano.
In questa situazione di crisi il management dette una chiara prova di capacità gestionale: ingaggiò immediatamente una società di consulenza per studiare il tipo di organizzazione necessaria per la squadra.
Dopo molti mesi di duro lavoro, gli esperti giunsero alla conclusione che nella squadra c’erano troppe persone a comandare e troppo poche a remare.
Con il supporto della relazione degli esperti fu deciso di cambiare immediatamente la struttura della squadra.
Ora ci sarebbero stati quattro comandanti, due supervisori dei comandanti, un capo dei supervisori e un rematore.
In particolare, per la persona ai remi venne deciso che era assolutamente necessario ampliare i suoi compiti e avviare un processo formativo che, in una logica di empowerment, la portasse a sviluppare più potere e più responsabilità.
L’anno scorso i giapponesi vinsero con un vantaggio di due chilometri.
La società italiana, che da tempo seguiva una politica meritocratica, licenziò immediatamente il rematore per la sua prestazione scadente e decise di pagare un consistente bonus al gruppo di comando come ricompensa per il grande impegno dimostrato dalla squadra.
Fu richiesto un secondo intervento della società di consulenza.
La nuova analisi rilevò che era stata scelta la giusta tattica e che anche la motivazione era buona, ma che i materiali italiani usati per la costruzione della canoa erano differenti da quelli giapponesi.
Siamo al terzo anno: al momento la società italiana è impegnata nella progettazione di una nuova canoa.
*** Massimo Ferrario, La canoa italiana, 2013-2015, per Mixtura - Riscrittura di un famoso racconto di autore anonimo.
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