Un fiume.
Acque che scorrono lente.
Due sponde lontanissime.
Nessun ponte che unisca le due rive.
Una Rana sta camminando sui ciottoli che costeggiano l'acqua.
Guarda l'altra riva: è decisa ad attraversare il fiume.
Uno Scorpione, lì vicino, ha la sua stessa intenzione: ma non sa nuotare.
E decide di rivolgersi alla Rana.
Le chiede il favore lasciarlo salire sulla sua schiena e di trasportarlo dall'altra parte.
La Rana rifiuta: la spaventano i pungiglioni, che sa pieni di veleno.
Teme che lo Scorpione la possa pungere durante il tragitto.
Lo Scorpione la tranquillizza.
Obietta che, se la pungesse, anche lui cadrebbe nel fiume e, non sapendo nuotare, morirebbe con la Rana.
La Rana è perplessa: resiste.
Ma lo Scorpione insiste e alla fine la Rana si lascia convincere: fa salire lo Scorpione sulla schiena e inizia l’attraversamento.
Il tragitto è lungo.
La Rana nuota con forza, per arrivare al più presto dall'altra parte.
Lo Scorpione si lascia trasportare tranquillo: sorride.
La Rana ha smesso di preoccuparsi: lo Scorpione è stato di parola.
Mancano pochi metri alla riva quando lo Scorpione prima le dà un morso alla gola e poi gliela stringe: sta per soffocarla.
La Rana perde il controllo, non ce la fa più a stare a galla, fatica a respirare per il veleno iniettato, si rovescia.
E fa cadere in acqua lo Scorpione.
Entrambi stanno per morire.
Con un filo di voce, la Rana si rivolge alla Scorpione.
«Sei folle. Adesso moriamo tutti e due. Ma perché l'hai fatto?»
Lo Scorpione riesce a darle una risposta un attimo prima di finire definitivamente sott'acqua.
«Non è colpa mia: è la mia natura.»
*** Massimo Ferrario, La Rana e lo Scorpione, riscrittura formale di un testo famoso, di autore ignoto e di fonte sconosciuta.
Secondo wikipedia, la storia è spesso attribuita a Esopo, ma uno studio pubblicato nel 2011 indica una connessione tra la genesi della fiaba e la tradizione del Panchatantra, una raccolta di favole di animali risalenti all'India del III secolo a.C. (qui)
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