martedì 12 febbraio 2019

#SPILLI / Il culo di sacco, Houdini e il finale annunciato (Massimo Ferrario)

Non è che poiché abbiamo avuto il peggio dobbiamo accettare il pessimo. 
E neppure dobbiamo rimpiangere quel peggio che, senza nulla togliere alle responsabilità di chi produce il pessimo di oggi, ci ha condotto dove siamo. 
E' che siamo in un culo di sacco.  E per capire come uscirne ci vorrebbe il famoso Houdini, il più famoso escapologo di tutti i tempi.

La corresponsabilità, gravissima, dei pessimi politicanti di ieri mi sembra più che evidente: sia perché hanno sfornato per anni il peggio, così disgustando i milioni che per disperazione li hanno giustamente abbandonati, e sia perché non hanno fatto nulla, salvo mangiare pop corn e augurarsi lo sfascio prossimo venturo, per evitare che tutti cadessimo nel pozzo nero in cui siamo finiti.
Ad esempio, gli affezionati al peggio di ieri, finora mai pentiti, visto il tracollo storico (non una semplice sconfitta), avrebbero potuto rinsavire, con un atto di consapevolezza autocritica, e, prendendo atto della disfatta epocale, avrebbero dovuto (provare a) evitare che si costruissero le premesse dell'avventura avventurista offerta dalla immangiabile salsa gialloverde, o comunque, successivamente, tentare di condizionarne la cucina, incuneandosi nella perversa accoppiata e lavorando per un altro piatto futuribile.
Invece niente: obbedienza cieca e assoluta alla seconda parte del vecchio detto sulla diabolicità del perseverare.

Comunque, a osservare bene i processi e combinando l'osservazione con la conoscenza del dna culturale dell'italiano medio, era facile prevedere la salvinizzazione del Paese. 

C'era chi se l'augurava: per poter finalmente esibire in faccia al mondo le sue pulsioni fascistoidi, fino a ieri trattenute da quel pudore che un tempo insegnava che certe cose, se mai si possono pensare, mai però si possono dire (e men che meno praticare). 
C'era chi lo profetizzava, gongolando: perché si illudeva che poi gli italiani, a sfascio avvenuto (culturale, se non economico), sarebbero tornati all'ovile renziano e para-renziano e i responsabili dell'ovile di ieri e dell'altro sfascio da loro stessi prodotto avrebbero avuto modo di rimettersi i panni del pastore e continuare l'opera di sfascio interrotta. 
C'era chi lo temeva: troppo forte essendo la sperequazione tra la cinica disinvoltura di un Salvini, costruita e consolidata in anni di duro lavoro sul campo, e la ingenua e improvvisata impreparazione di un Di Maio, orgoglioso come tutti i suoi seguaci di non avere come intralcio nessuna ideologia di destra e di sinistra e perciò, nascosto dietro il paravento del post-ideologico, aperto a qualunque convenienza pur di arrivare, e restare, al Potere.

Ora stiamo procedendo, a passi lenti ma decisi, e con la consapevolezza offuscata, distratta e impotente di troppi, verso il finale: e lo slogan Salvini premier non sarà più uno slogan, ma, presto, un semplice e inequivocabile fatto

Quando avverrà, non ci misureremo più con la scenografia-barzelletta di un balcone che ci annuncia la stupida e risibile vittoria sulla povertà di una decina di giovani scalmanati che si credono governanti, ma saremo costretti a fare i conti con la realtà dura e spigolosa, per nulla festaiola, forse di un secondo balcone, da cui si affaccerà, come sempre calato in una divisa scelta a piacimento dal mazzo di quelle in uso alle forze dell'ordine, il nuovo 'capitano' della patria sovranista: finalmente solo al comando, finalmente libero da impacci democratici e finalmente auto-consegnato, come pesce nell'acqua, alla più incondizionata demagogia.

Sarà un 'capitano' lustrato e rinvigorito da una nuova legittimazione, non solo popolare: perché, dopo che sarà stato salvato, per il caso dei 177 sequestrati sulla Diciotti, dal giudizio della magistratura, da compari e complici, in nome della cosiddetta autonomia della politica, verrà definitivamente e pericolosamente insignito (dai fatti: che contano più di qualunque teoria che affermi anche il contrario) di quel titolo di politico legibus solutus che lo condurrà (e 'ci' condurrà) ben oltre i confini di un sistema liberal-costituzionale, vicino all’area di 'democrazia illiberale' alla Orbán che oggi è obiettivo di molti populisti in odore di fascismo 2000.
Non verranno meno i suoi selfie da sponsor di marchi alimentari, né ci verranno risparmiate, dal suo staff, le foto accattivanti con madonnine, rosario e vangelo da buon padre di famiglia cristiano: con il suo faccione sorridente, finché non deciderà diversamente, non smetterà di lanciare bacioni a chiunque osi dissentire. Ma la sostanza dei suoi atti politici, ancor più di quanto già oggi stiamo sperimentando, sarà assai poco rassicurante. E quando scopriremo che il pensiero sovranista sarà l'unico pensiero ammesso, anche se ci verranno elargiti bacioni a profusione, sarà troppo tardi per tirarci fuori dal baratro dei diritti conculcati o violati. 

Spero, con il massimo della speranza di cui sono capace, di sbagliarmi. 
Ma temo sia difficile che un colpo di reni eviti quest'epilogo: anche perché, per troppi amanti dell'uomo (sedicente) forte, sarebbe non una rovina, ma solo la realizzazione trionfale di un sogno tanto agognato.
Ai (pochi) pessimisti come me (magari semplicemente realisti, ma che ostinatamente non si danno per vinti) potrebbe essere ricordato che, finché non si è più in tempo, si è sempre in tempo. 
Ma si tratta di un avvertimento forse di segno troppo ottimista, vista l'avanzata arrembante dei fotogrammi del film in atto.
E poi, l'ho già detto, non c'è Houdini e noi non siamo Houdini.

*** Massimo FERRARIO, Il culo di sacco, Houdini e il finale annunciato, per Mixtura
https://it.wikipedia.org/wiki/Harry_Houdini


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