lunedì 29 ottobre 2018

#MOSQUITO / 'Governance', sostituisce la politica (Alain Denault)

Contrariamente ai termini “democrazia” o “politica” che essa tende a occultare, “governance” non definisce niente in modo netto e rigoroso. L’estrema malleabilità della parola elude il senso, e questo sembra precisamente il suo scopo. Tutto avviene come se si sapesse ciò che si vuol dire proprio nel bel mezzo di una totale vanità semantica. Ci si convince. A causa della sua indeterminatezza, l’espressione offre scarsi appigli alla discussione o alla disputa, pur rilasciando un messaggio fondamentale: si tratta di una politica “senza governo”, promossa a livello mondiale, che membri sociali isolati in rappresentanza di interessi diversi praticano secondo una modalità gestionale o commerciale. Spregiudicati finanziatori non hanno dovuto faticare molto per trovare nel popolo degli universitari, dei giornalisti e dei responsabili aziendali, ribattezzati “società civile”, individui pronti a diffondere la Buona Novella. Confiscare in questo modo i termini tradizionali del pensiero politico a profitto di un nuovo lessico si chiama forse rivoluzione. La nostra attualità viene da qui, ma in una modalità indiscernibile. Perché in nome della governance, non si tratta più di erigere il mito di un nuovo contratto sociale, ma di pretendere che, strappato questo contratto, si apra la felice età della contrattazione plurale e della discussione perpetua. 
Fino ad allora, la gestione governativa era sempre stata intesa come una pratica al servizio di una politica dibattuta pubblicamente. Ma poiché la politica si è lasciata rovesciare da quella pratica al punto di cancellarsi a suo vantaggio, è lecito dire che la governance aspira a un’arte della gestione in quanto tale. Nessun registro discorsivo sembra in grado di dominarla. Una simile mutazione promuove il management d’impresa e la teoria della tecnica aziendale al rango di pensiero politico. Ne conseguono infinite semplificazioni. La morale della storia, quella della “governance”, postula implicitamente la fine stessa della storia. Si parla soltanto di interessi specifici per cose circoscritte. Nessuna agorà è richiesta per discutere del bene comune. Questo fenomeno è tristemente corroborato dalla monotonia del discorso politico e dalla mediocrità dei “partiti politici di governo”.

*** Alain DENEAULT, 1970, saggista franco-canadese, Governance. Il management totalitario, Neri Pozza, 2018


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